Un doppio cd uscito a inizio estate e un dvd in arrivo il 4 ottobre per ripercorrere oltre 50 anni di storia della musica italiana. Una favola nata da un sogno di due sedicenni emiliani negli anni ’60, Beppe Carletti e Augusto Daolio, che hanno dato vita alla band più longeva d’Italia, e nel mondo seconda soltanto ai Rolling Stones. I Nomadi hanno pubblicato, dal 1963, 79 album, tra dischi registrati in studio e dal vivo nonché raccolte varie, vendendo complessivamente 15 milioni di dischi.
«Ho le spalle grosse per almeno altri cinquanta anni. Non ci sono segreti per la nostra longevità. Chi ci conosce e segue i nostri concerti vede e sente quale energia positiva c’è nella nostra musica e quanta ne riceviamo».
Beppe Carletti
Una vita lunghissima la loro, con sostituzioni all’interno del gruppo nel corso degli anni, che hanno contribuito al continuo rinnovamento, non scostandosi però mai dal messaggio iniziale di impegno e denuncia sociale.
A 24 anni dalla scomparsa di Augusto, avvenuta il 7 ottobre 1992 a soli 45 anni, la formazione attuale (Beppe Carletti, tastiere e fisarmonica – Cico Falzone, chitarra – Daniele Campani, batteria – Massimo Vecchi, basso e voce – Sergio Reggioli, violino – Cristiano Turato, voce) ha voluto omaggiare il cantante e co-fondatore. La sua voce è legata alle indimenticabili interpretazioni di canzoni-inno della stagione delle contestazioni, come ad esempio Dio è morto, Noi non ci saremo, scritte da Francesco Guccini nel ’67. Ed ecco che nasce Così sia – XXIV Tributo ad Augusto. Si tratta di una raccolta di venti canzoni di repertorio, eseguite live il 20 e 21 febbraio 2016 all’evento “Nomadincontro” di Novellara, paese natale di Augusto Daolio, più l’inedito registrato in studio che dà il titolo all’album.
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Così sia, la nuova canzone della speranza. Il ritornello «Apri il cuore e riempilo di gioia» è un appello per ritrovare il vero valore delle cose, la fiducia nel futuro. Un appello a opporsi alle prevaricazioni, all’adorazione del dio denaro e al potere dell’economia.
Sangue al cuore è il singolo tratto dal 27° album, Amore che prendi amore che dai del 2002, per la prima volta al vertice della classifica italiana.
È del ’91 il brano Gli aironi neri, con l’inizio di ritornello «Tu che conosci il mare», cantato dal pubblico a una sola voce.
Il classico blues Statale 17, ispirata da Highway 61 Revisited di Bob Dylan, è di Francesco Guccini. È una traccia presente nel suo primo album Folk beat n. 1 del 1967. Nel ’79 entrò a far parte dell’Album concerto, il disco che il cantautore modenese registrò dal vivo con i Nomadi.
Animante appartiene a Lascia il segno, l’album del 2015. Racconta con dolcezza di quanto gli artisti, impegnati ad intrattenere gli altri, nascondano tutto un mondo dentro di sé.
Dello stesso disco, Io come te è un inno all’integrazione: «Io come te, / cercando un senso in questo mondo, trovarlo quando tocchi il fondo. / Io come te, / non c’è colore, non c’è razza, due occhi, un cuore, stessa faccia».
«Son morto con altri cento, son morto ch’ero bambino, / passato per il camino e adesso sono nel vento / e adesso sono nel vento…». Ecco Auschwitz (La canzone del bambino nel vento), brano scritto da Guccini nel 1966, e portato al successo dall’Equipe 84. È stato poi anche incluso in Ma che film la vita dei Nomadi del ’92, ultimo album live con la voce di Augusto Daolio.
Io voglio vivere appartiene al doppio album Nomadi 40 del 2003, pubblicato in occasione del 40° anno di carriera. Uno dei brani più conosciuti e amati, e il primo ritornello non può che essere cantato solamente dal pubblico.
Le prime note della fisarmonica di Beppe Carletti annunciano Il paese delle favole in una versione che “si fonde” con Bella Ciao con un finale in crescendo.
E poi via ai brani storici, Noi non ci saremo e Io vagabondo, la canzone manifesto dei Nomadi, nonché quella in cui Daolio amava identificarsi.
Il Te Deum di Charpentier, noto per essere stato sigla dell’Eurovisione della Rai, è l’incipit per il brano successivo: Senza patria, la canzone contro la guerra pubblicata in Solo Nomadi del 1990.
Da Il fiore nero del ’77 si passa alla recente Rubano le fate contenuta in Lascia il segno, grido contro la corruzione e il potere. Sempre dallo stesso album Chiamami, un brano di speranza contro la solitudine, e Tutto vero, inno alla vita cantato da Massimo Vecchi.
20 de Abril, inserito in Le strade, gli amici, il concerto del ’97, ci porta attraverso sonorità celtiche.
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Il vento tra le mani, da Terzo tempo del 2012, primo album con il nuovo cantante Cristiano Turato che sostituisce Danilo Sacco.
Torniamo indietro nel tempo con il brano Ho difeso il mio amore. Uno dei più grandi successi dei Nomadi, pubblicata nel 1968, cover di Nights in White Satin dei Moody Blues. Il finale è tutto per il pubblico, ancora una volta coinvolto quasi come fosse il settimo componente della band.
L’uomo di Monaco, traccia dell’album Ancora Nomadi del 1988, è ancora una canzone contro la guerra.
Chiude il doppio disco Utopia, tratta da Sempre Nomadi dell’81, con la metafora delle sorelle Utopia e Verità, destinate a dividersi e a prendere strade diverse.
Ascoltando i brani del doppio album Così sia, non si può non notare la forte presenza del pubblico, il “popolo Nomade”, esattamente come ad ogni concerto, con la sua energia, la sua partecipazione; le sue migliaia di voci, di generazioni così diverse, che si aggiungono ai Nomadi sul palco, quasi come membri effettivi della band, tanto che la band stessa lascia a loro il microfono in più occasioni e li segue riprendendo a suonare.
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