Si è aperta ieri la protesta degli ambientalisti contro la deturpazione del paesaggio ad Orvieto e Tuscania. Si tratta, questa volta, di uno scontro singolare, perchè le parti in gioco sono entrambe di utilità ed interesse ambientale: l’energia rinnovabile fornita dalle pale eoliche, e la bellezza paesaggistica, fonte principale del turismo italiano, oltre che la salvaguardia di luoghi agricoli. «Giù le mani da Tuscania e Orvieto. No agli impianti eolici intorno alla Chiesa di S. Pietro e al Duomo duecentesco». E’ l’appello lanciato ieri, 7 maggio, alla Camera da tredici associazioni ambientaliste e culturali, su iniziativa della parlamentare Serena Pellegrino (Sel), contro la realizzazione degli impianti eolici, che deturperebbero due dei luoghi più belli d’Italia, con danni enormi al paesaggio, all’economia e all’agricoltura locale.
I due progetti, entrambi nella fase di avvio, raccontano i sindaci Fabio Bartolacci e Giuseppe Germani, sono «troppo invasivi, collocati nei posti sbagliati e talmente alti che impegnerebbero per chilometri le prospettive dei due capolavori».
Per Orvieto (Tr), dove la valutazione d’impatto scade il 20 maggio, si parla di due impianti sul Monte Peglia, con 18 torri alte 150 metri. Praticamente, tre volte il Duomo, con un’invasione di chilometri di cemento armato, nuove strade, cavidotti ed elettrodotti nei boschi: una ferita per fauna e flora e uno sfregio al panorama che, dicono le associazioni, sarebbe visibile oltre che sullo sfondo del Duomo, anche da Perugia, Todi e fino a 50 km di distanza da 150 comuni.
Non va meglio a Tuscania (Vt), dove sono in atto più progetti. «Finora ci siamo salvati – dice Bartolacci – perché il Governo non ha dato i finanziamenti». Il piano sotto accusa poggia su un territorio a 6 chilometri dal comune di Viterbo, che deturperebbe per sempre la Chiesa medioevale di S. Pietro con 6 torri alte 187 metri.
«Nessuno è contro l’eolico – precisa la Pellegrino – Ma come non metteremmo il fotovoltaico sul Colosseo, è impossibile pensare di distruggere un paesaggio patrimonio anche identitario del paese». Quelle pale messe lì, aggiunge il sindaco di Orvieto, «sono un inutile danno estetico e culturale, proprio in un momento in cui si spendono milioni per incrementare il turismo, con un impianto, che, per di più, non ha nessun valore per la popolazione se non per chi lo realizzerebbe». L’appello, condiviso anche da comuni limitrofi, è alle Regioni e al Ministero.
«Ma serve – aggiunge Monica Tommasi, presidente Amici della Terra – una legislazione specifica per tutelare i monumenti, perché il problema tocca tutta l’Italia, dal Salento a Matera, la Valle dei Templi, Segesta, Volterra, Paestum». A perdere, aggiunge Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la Bellezza, «è anche l’agricoltura: all’estero per prima cosa su una vigna vogliono sapere la discendenza familiare e se il paesaggio è intatto. Un vino coltivato tra tralicci e pale è subito declassato di metà prezzo». Per Orvieto e Tuscania, suggerisce il direttore generale Belle arti e paesaggio del ministero, Francesco Scoppola, la salvezza potrebbe essere nella posizione, ma soprattutto, conclude, «basterebbe mettere il fotovoltaico su metà dei capannoni industriali esistenti per essere in pari con la quota di Kyoto».
Non si tratta, quindi, del solito protestare per il gusto di essere contro, ma di salvaguardare la bellezza paesaggistica e la prassi agricola del nostro Paese e trovare un giusto compromesso. Le energie rinnovabili sono una pratica che andrebbe sempre più diffusa e dovrebbe essere coadiuvata al rispetto per il territorio e l’ambiente, non solo dal punto di vista energetico, ma anche visivo-paesaggistico. Le Tra le Associazioni firmatarie dell’appello, Fai, Legambiente, Lipu, WWF, Assotuscania, Italia Nostra, Touring club.
C.M.