In numerosi Paesi occidentali – specialmente quelli maggiormente colpiti dalla crisi economica – il sistema politico si sta strutturando intorno a due grandi poli: un’area neo-liberale pro-sistema, la cui proposta è di proseguire (in maniera più o meno ortodossa) nella direzione delle politiche degli ultimi 30 anni, e un’area neo-nazionalista ed anti-sistema che fa leva sul populismo e catalizza il malcontento delle masse popolari che vivono sulla propria pelle il fallimento delle politiche neo-liberali.
Un cittadino che voglia recarsi alle urne, oggi, si trova davanti a questa scelta: per fare soltanto alcuni esempi, Partito Democratico vs M5s e Lega Nord in Italia; Clinton vs Trump negli USA; Partito Socialista vs Front National in Francia; e così via, in forme più o meno marcate, in quasi tutti i Paesi europei.
Cosa scegliere, chi votare? È un bel dilemma. Se infatti i neo-nazionalismi hanno tratti reazionari (xenofobia, razzismo, avversione nei confronti dei diritti civili) che suscitano (o almeno, dovrebbero) più di una perplessità in qualsiasi elettore mediamente acculturato e consapevole delle grandi questioni della contemporaneità (gestione della globalizzazione, ondate migratorie, rischio dello scontro di civiltà), le forze neo-liberali (a livello europeo, tanto il Partito Socialista Europeo quanto il Partito Popolare Europeo) sono da decenni i principali responsabili della costruzione del modello istituzionale ed economico che sta portando l’Occidente nell’abisso dei nazionalismi: adesione ad un modello di globalizzazione dominata dai grandi capitali (vedi trattati Nafta, Ttip, Tpp, ecc.), decostruzione dei sistemi pubblici di welfare, riduzione dello Stato e conseguente perdita di potere della politica, nessuna opposizione alla delocalizzazione dei centri produttivi nei Paesi del Terzo Mondo, nessun freno alla concentrazione di potere e ricchezza nelle mani dell’1% della popolazione (a livello globale e di singoli Stati), arretramento della classe media nella scala dei redditi e impoverimento complessivo delle masse popolari.
Dunque: se votare le forze neo-nazionaliste significa scegliere l’effetto (in forme fortemente patologiche, dalla xenofobia alla demagogia più degradante) del fallimento del neo-liberismo, dall’altra votare per i neo-liberali pro-sistema significa perpetrare l’errore della scelta della causa che ha portato alla rinascita dei nazionalismi populisti.
Posto che occorre modificare al più presto la deriva neo-liberale del nostro sistema economico, e urge lavorare alla costruzione di una nuova sinistra moderna (capace di coniugare globalizzazione e redistribuzione, dinamiche sistemiche e democrazia dei luoghi, e in questo modo diverrebbe naturalmente una forza politica di centro-sinistra), nel breve periodo che si fa? Si prosegue con la strategia del medico pietoso col rischio che la piaga nazionalista diventi incurabilmente puzzolente, o si inizia a recidere le parti malate del corpo?
È una domanda quanto mai urgente, dato che ora a novembre votano negli USA, ma presto toccherà scegliere anche qui in Italia.
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