Ad arrivare a Barolo (CN) da Torino, ad arrampicarcisi dal basso, è una schiaffata di verde intenso di colline, stagliate contro l’azzurro di un cielo terso. Il borghetto è abbarbicato su un altopiano a sperone, omaggiato dai rilievi tutt’intorno, che stanno ad anfiteatro. Il Barolo è un vino rosso a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, prodotto nella provincia di Cuneo e territori limitrofi. I terreni su cui le viti si innestano, sono argillosi e calcarei, collinari, e stazionano tra i 170 e i 540 m s.l.m. È un vino «potente, elegante e di grande personalità». Il colore è rosso granato, con riflessi aranciati. Sulle papille suona note ora fruttate e floreali, come viola e vaniglia, ora note terziarie, come goudron e spezie. A dominare le Langhe, lingue di terra cucite le une sulle altre a formare una fetta di Piemonte, stanno tanti castelli medievali arroccati ora qua ora là, uno per ogni paesino.
A Barolo, capofila ed eponimo tra i produttori, il Barolo scorre a fiumi soprattutto nelle grandi ricorrenze. A svellere un po’ il terreno compatto e rigoroso del paesino a luglio c’è l’appuntamento immancabile con il Collisioni Festival, un tempo di festeggiamenti AgriRock. Come tutti i festival, anche il Collisioni è un melting pot di linguaggi artistici diversi, un pastiche musicale letterario filosofico spalmato su un weekend lungo. La formula è stata ideata nel 2009 da un team di giornalisti e scrittori italiani, nella speranza di favorire l’abbraccio tra diverse generazioni.
Il palinsesto impila incontri e conferenze con diverse personalità del mondo della cultura, che dibattono temi di interesse attuale. Sono lezioni aperte, in cui si specula e si viaggia, rasoterra, un po’ staccati ma mai troppo in alto rispetto al terreno. Sui palchi pericolanti nelle piazzette del paese, si alternano musicisti emergenti e nomi ormai grandi. Erri de Luca, Corrado Augias, Roberto Vecchioni, Beppe Severgnini, Francesco Guccini sono stati tra gli ospiti dell’edizione di quest’anno. Africa Unite, Elton John, Marco Mengoni, Modà, Modena City Ramblers, Calcutta, Mika, Negramaro, Niccolò Fabi tra i concerti.
E sulla terra abituata a sorreggere solo poche centinaia di coppie di piedi, improvvisamente si affastellano gli scalpiccii ansiosi di una folla delirante. Sono stati più di 100.000 gli spettatori nel corso di quattro stagioni. Nel 2012 il Collisioni è stato scelto da Bob Dylan come location per la sua unica data italiana e da Patti Smith per l’apertura del tour dell’album Banga.
Ci si deve lasciar scivolare nel saliscendi delle vie della città, altalenare mollemente tra i vari stand gastronomici, nella colonna sonora di note più e meno conosciute. Barolo ha un’ottima tradizione enogastronomica, anche. Il Progetto Vino di Collisioni è tornato quest’anno ancora: è volato da 15 a 50 il numero di critici internazionali, importatori, buyer, produttori stranieri, in un vortice di degustazioni e incontri dedicati alle etichette e alle denominazioni.
A solleticare le papille gustative quest’anno c’è stato anche il nuovo palco Wine&Food, incastonato nella cornice del Castello di Barolo. Gli assaggi di vini e prodotti sfiziosi sono stati ritmati da brani improvvisati e performance teatrali, rallegrati da caricature e sketch dei ragazzi del Progetto Giovani. Ci sono sfide ad affondi di bicchieri, stoccate di prelibatezze provinciali. Ogni esperienza scivola in una colonna visiva e sonora pregna, che la valorizza, che la stampa a tinte forti nella memoria.
In bocca ci si frullano anche i mille stimoli dei banchetti di street food. Ci sono le piadine e lo gnocco fritto, patatine, pane e salamina, innaffiati di birra e vini di tutto lo stivale. I proprietari di ristoranti, bar, delle cantine, buttano testa e mani fuori dalle finestre dei loro locali, o allungano gli ingressi in tavoli arrangiati alla bell’e meglio. Vendono assaggi di vino, di cibo, di prodotti più o meno tipici, scontato godimento a fette. Ci sono code lunghissime che serpeggiano tra fiumane di gente che preme per scorrere, ma non ce la fa. È tutto un ingarbugliamento di borse e bottoni e cerniere e uno «scusi scusi» frettoloso. Davanti ai palchi si strattonano, si sgomitano, si pestano o si arrampicano su strutture pericolanti che fin troppo a lungo hanno accondisceso a rimanere in posizione verticale.
Poi ci sono i simpaticoni abitanti del borgo, che dall’alto dei loro piccoli balconcini pericolanti si pavoneggiano. Quei balconcini che non valgono una cicca di tabacco per 361 giorni all’anno, in quel momento, improvvisamente, diventano palchetti del primo ordine centrali. E i proprietari e i loro amici, sdegnosamente, dichiarano tramite enormi striscioni che certo non permetteranno l’ingresso se non a ragazze prosperose che vogliano liberarsi delle loro magliette.
Nonostante il delirio apparente, la struttura organizzativa su cui poggia il festival è ben solida e consolidata. Oltre allo staff tradizionale e supercompetente, il Progetto Giovani calamita per l’occasione più di 400 ragazzi volontari da tutta Italia, provenienti soprattutto da zone particolarmente disagiate. Suonano sui palchi off, quelli ufficiosi, zoomano nella corrente di quattro giorni impetuosi, con video, fumetto, fotografia, canali social e giornalismo. Lo fanno mischiandosi, raccontando una storia di cui stanno facendo parte. È un essere nell’esserci, farne propri i contenuti restituendoli in una personale prospettiva.
Quest’anno il festival si è tenuto dal 14 luglio al 18 luglio, con 82 appuntamenti tra incontri e concerti.
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