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Il giacobinismo ai tempi del Blog: i 5 stelle, Quarto e il tifo politico

Il primato morale dei 5 stelle è stato infangato da voto di scambio, omertà e ricatto, qualcuno dice che anche Di Maio fosse a conoscenza della situazione, per lui nessuna cacciata?

4 minuti di lettura
Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, esce dopo aver pranzato in osteria al termine dell'incontro con i parlamentari del M5S alla Camera, Roma, 29 ottobre 2013. ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA

Giovanni De Robbio le disse che c’era un problema. Mostrò a Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, eletta con il Movimento 5 stelle, una foto aerea della casa di proprietà di suo marito. Presunti abusi edilizi, questo era il problema di cui parlava De Robbio.

Qualche mese prima Alfonso Cesarano, imprenditore legato alla camorra, aveva preso contatti con il consigliere De Robbio. «Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant’anni. Si devono portare là sopra, e devono mettere la X sul Movimento 5 stelle». Questo è quanto emerso dalle intercettazioni, una di quelle frasi che in questi giorni risuona in ogni articolo.

In cambio, Cesarano avrebbe voluto l’affidamento del campo sportivo di Quarto, in mano alla giunta comunale. Così De Robbio aveva ricattato Capuozzo. La procura, però, tramite intercettazioni, ha fiutato la situazione, ha aperto un’inchiesta gestita dal pm Henry John Woodcock, insieme ai carabinieri di Pozzuoli. Nel frattempo la giunta ha perso pezzi. Hanno lasciato Raffaella Iovine Umberto Masullo.

Quando la notizia è uscita sui maggiori giornali e media, il dibattito politico italiano, prima incagliato in questioni di grande importanza, come gli alberi di Natale nelle scuole o i Re Magi di colore, si è trasformato in una gara a chi è più vergine. Per il Partito Democratico, la notizia è stato un vero toccasana. Un utile controesempio per demolire il primato morale del Movimento 5 stelle. Dall’altra parte, il Movimento ha dovuto correre ai ripari, mandando le sue teste di serie – Roberto Fico, Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio – a gestire la difesa. La risposta è chiara: nella faccenda il Movimento 5 stelle è parte lesa.

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Come sempre il movimento ha utilizzato l’abile espediente del due pesi due misure: un’astrazione metafisica che va dal particolare al generale, che porta al «sono tutti uguali e corrotti», quando il malaffare è in casa Pd o Forza Italia. Quando invece le mele marce sono in casa propria, il Movimento si innalza a tradito, a salvatore della Patria che continua a perdere pezzi ma destinato a un destino glorioso.

Poi il Sacro Blog ha sentenziato: Rosa Capuozzo deve dimettersi. Senza se e senza ma. «L’esempio», si dice, «è meglio della poltrona». Lei però resiste. Così Grillo, con il petto gonfio (forse siamo noi ad essere stupidi, lo avremmo dovuto sapere che ogni movimento rivoluzionario porta con sé il suo Robespierre), annuncia solennemente che:

È dovere di un sindaco del MoVimento 5 stelle denunciare immediatamente e senza tentennamenti alle autorità ogni ricatto o minaccia che riceve. Perché noi siamo geneticamente diversi dai partiti che invece di sbattere la porta in faccia alla criminalità organizzata, come fatto a Quarto, la fa accomodare e sedere al proprio tavolo per spartirsi la torta. E la nostra differenza sta proprio nel non predicarla solamente, l’onestà, ma nell’applicarla giornalmente. Come diceva Paolo Borsellino in riferimento alla necessaria pulizia da fare all’interno dei partiti, non bisogna soltanto essere onesti, “ma apparire onesti”, al di fuori di ogni dubbio e al di sopra di ogni sospetto.

Per queste ragioni Rosa Capuozzo è stata raggiunta da un provvedimento di espulsione dal MoVimento 5 Stelle per grave violazione dei suoi principi, in quanto non avrebbe denunciato il fatto. Perché «siamo il MoVimento 5 Stelle e non un Pd qualsiasi».

Nel mentre le tre teste di serie arrivano in diretta su Facebook. In aula, come ricorda Giuditta Pini, parlamentare dem, intanto si sta votando il decreto Ilva.

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L’intera vicenda porta a due constatazioni: non solo il primato morale, definito da Grillo «genetico», dei 5 stelle è stato infangato da voto di scambio, omertà e ricatto, (qualcuno dice che anche Di Maio fosse a conoscenza della situazione, per lui nessuna cacciata? Neanche con il sistema giudiziario dell’approssimazione sul blog?) ma si è consolidato anche un fenomeno, ormai ben affermato, che mira alle basi del sistema dello Stato Moderno. Quel fenomeno per cui le condanne non si eseguono più nei tribunali, ma sui social network, nei reality show.

La gente si erige a giudice supremo, condizionando l’esistenza del presunto colpevole. Con Giovanni Scattone la gente aveva detto «Fine Pena Mai», come aveva intitolato il Garantista. Stesso trattamento riservato a Maurizio Lupi e a Josefa Idem, o in modo più clamoroso ancora con Vasco Errani, preda degli sciacalli manettari, poi assolto, e con Filippo Penati. L’indignazione della gente condanna anche Rosa Capuozzo,  prima ancora che la procura abbia fatto chiarezza e che la giustizia, quella dei tribunali, abbia emesso una sentenza. Il garantismo, anche questa volta, è una malattia.

Il comico ha saputo captare la situazione, ha deciso che bisogna «eliminare qualcuno dalla fotografia», assimilando il grande insegnamento di Herbert Marcuse per cui la società è governabile non con la violenza, bensì con l’egemonia. Sulle pagine Facebook il popolo festeggia questa “bolla papale”, attaccando i giornali, che, a detta loro, sono complici del malaffare e della «dittatura renziana».

Da dove proviene questo nuovo sistema giudiziario, supportato tra l’altro dai talk show e dal web?

Dalla fine della “discussione politica” in Italia, definitivamente mutata in tifo da stadio: la curva del Pd, la curva del Movimento 5 stelle, la curva di Forza Italia, quella della Lega, quella della “sinistra”. Quella che viene riservata al diverso, a colui che, con argomenti razionali e critiche costruttive, afferma un’opinione differente dalla propria, non è una condanna alla reclusione, ma all’esclusione. Ogni opinione contraria alla propria viene massacrata, l’individuo viene accusato di essere «pagato dalle lobby» o di «non essersi svegliato», vengono presentate tesi, per confutarlo, che si avvalgono di prove che definire fantasiose e prive di logica è poco. E intanto l’ossequio all’idolo politico diventa la regola.

In mezzo a questa confusione generale, non possiamo far altro che chiederci se l’Italia abbia bisogno della sola onestà o anche di efficienza, dibattito e razionalità.

di Mattia Marasti

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