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Papiro di Torino

La sessualità nell’Antico Egitto: il mistero del Papiro di Torino

Un papiro particolare è senza subbio il Papiro 55001; un ampio testo erotico illustrato dell'antichità egizia. Scopriamone insieme di più al riguardo

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4 minuti di lettura

Il Museo Egizio di Torino racchiude un numero incredibile di oggetti e opere d’arte risalenti all’Antico Egitto, un’epoca affascinante e per certi versi ancora misteriosa. Tra le antichità conservate, è possibile ammirare il Papiro 55001 (o Papiro di Torino), risalente al XII secolo a.C., durante la dinastia di Ramses. Il reperto fu ritrovato nei primi anni del XIX secolo in una città chiamata Deir el-Medina, nel Luxor, dove era custodito all’interno di un vaso, seppur in pessime condizioni. La scoperta è attribuita a Benardino Drovetti, avvocato francese ed esploratore che amava saccheggiare le tombe per arricchire la propria collezione. La particolarità di questo pezzo di grande valore è la tematica erotica: il documento mostra vari incontri amorosi tra un uomo e una donna, arricchiti persino da alcuni testi, come un moderno fumetto. I rapporti sono disegnati in modo molto diretto e, dato che le donne nella pergamene portano tra i capelli fiori di loto, potrebbe essere presente un rimando ai narcotici prodotti dalla pianta. Proprio a causa di queste «vignette» a sfondo sessuale, in epoca vittoriana il papiro fu considerato scandaloso e venne quindi nascosto al pubblico. Si tratta però di una scoperta importante che ci dà modo di esplorare il concetto di intimità in un popolo vissuto cinquemila anni fa che ancora esercita su di noi il suo fascino.

Papiro di Torino, Museo Egizio di Torino
Papiro di Torino, Museo Egizio di Torino, Wikipedia

Il papiro è lungo 320 cm, una misura comunissima, quasi standard durante la dinastia di Ramses, e si suddivide in due parti: la prima misura 85 centimetri (di cui alcuni perduti) e mostra degli animali in strani atteggiamenti umani – alcuni suonano l’arpa, altri il flauto, per non parlare di una fortezza presidiata da gatti – mentre la seconda è lunga 174 cm ed è composta da dodici scene piuttosto esplicite e fantasiose che, pur essendo danneggiate, sono state ben restaurate. Il documento è ancora oggi fonte di grandi dubbi: il suo vero scopo è sconosciuto e ha causato numerose discussioni tra gli egittologi. Anche Jean François Champollion, l’uomo che tradusse i geroglifici grazie alla stele di Rosetta, studiò con interesse il documento. Come scrisse al fratello commentando i ritrovamenti egizi:
«qui un pezzo del rituale funerario […] e là frammenti di pitture di oscenità mostruose e che mi danno un’idea molto singolare sulla gravità e sulla saggezza egiziana».

Ricostruzione a colori del Papiro di Torino
Ricostruzione a colori del Papiro di Torino

Secondo alcuni, l’opera non rappresenta dei comuni mortali, ma mostra degli incontri avvenuti tra gli dei. Infatti, secondo Richard Parkinson, egittologo inglese, gli Egizi erano molto discreti per quanto riguarda la sessualità nell’arte, tranne quando si trattava delle divinità, in quel caso l’iconografia risulta in molti casi particolarmente esplicita. Sono numerose infatti le opere in cui gli dei, attraverso l’atto sessuale, danno vita al mondo. Le immagini erotiche ai tempi degli antichi Egizi erano poi presenti anche sulle tombe: credendo nella vita dopo la morte, i sarcofagi erano semplicemente luoghi di transito per una nuova esistenza. Per far sì che la rinascita avvenisse, era necessario un nuovo concepimento e, di conseguenza, un nuovo rapporto sessuale. Sessualità e morte erano quindi strettamente legate in un cerchio infinito, tanto che nella tomba del defunto venivano spesso inserite delle concubine di terracotta con parrucche e tatuaggi sulle parti intime.

Altre teorie vedono la pergamena come un manuale per le coppie che non riuscivano ad avere figli. La fertilità era infatti molto importante all’epoca, tanto che spesso si tenevano rituali invocando il dio Bes, protettore dei bambini e delle donne gravide, o la dea Ishtar, di origine babilonese, divinità dell’amore, dell’eros e della fertilità. Secondo altri studiosi, si tratterebbe invece di una «rivista erotica» antica, probabilmente realizzata da un artista – i disegni del documento richiedono una certa abilità nel disegno – per qualche membro dell’alta società, una sorta di letteratura fatta per immagini e poco impegnativa realizzata col solo scopo di divertire. O ancora, secondo un’altra ipotesi, l’opera potrebbe essere una semplice rappresentazione di un bordello di Tebe.

Ricostruzione di una parte del Papiro di Torino
Ricostruzione di una parte del Papiro di Torino

Al di là dell’interpretazione data dai diversi egittologi, il Papiro ci mostra quanto aperti fossero gli Egizi per quanto riguarda l’amore. La sfera sessuale era molto importante e le donne cercavano di essere più attraenti agli occhi maschili con parrucche, vestiti semitrasparenti, filtri d’amore, unguenti e oli profumati che erano solite spargere sulle parti intime. Come spesso accadeva nelle civiltà antiche, come per esempio quella greca o romana, l’amore non aveva limiti, ma era un sentimento libero ed estremamente naturale. Non esisteva quindi il concetto di verginità come valore, al contrario il piacere era simbolo dell’amore per la vita ed era approvato anche dalla religione senza alcuna censura. Gli antichi egizi comunque, a differenza degli antichi romani, condannavano l’adulterio molto severamente, spesso con punizioni corporali, arrivando fino all’evirazione. La passione era quindi godibile come un sentimento naturale e privo di tabù, ma doveva restare all’interno della coppia. La prostituzione era in ogni caso un’attività comunissima e la nudità non era per nulla considerata scandalosa, tanto che alcune danzatrici già si dilettavano in quelli che potrebbero essere considerati come striptease dell’antichità. Non bisogna però pensare alla donna come a un mero oggetto sessuale: da questo punto di vista, si pensa che nell’Antico Egitto ci fosse piena parità dei sessi. Anche riguardo al tema dell’omosessualità la civiltà egizia appare come piuttosto all’avanguardia: nel 1964 venne ritrovata una tomba destinata a due uomini su cui compare la rappresentazione della coppia che si scambia un bacio. Khnumhotep e Niankhkhnum sono la più antica testimonianza dell’amore tra due uomini, risalendo infatti al 2400 a.C.

Tomba di Khnumhotep e Niankhkhnum
Tomba di Khnumhotep e Niankhkhnum

Nonostante il Papiro di Torino sia quindi ancora ricco di misteri, è indubbiamente uno strumento utile per capire come l’Antico Egitto affrontasse il tema dell’erotismo. Si tratta dell’unico papiro a sfondo erotico ritrovato fino ad oggi, ma la sessualità veniva spesso rappresentata su vasi, ceramiche o graffiti. Non quindi il Kamasutra come l’opera più antica sull’amore, ma reperti egizi di altrettanto interesse e fascino.


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