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Riflessione delirante sulla patria (quando la patria è una città di provincia)

2 minuti di lettura
mareVivi diciotto anni della tua vita in un contesto di centomila persone. Tutti si conoscono, tutti sanno tutto di tutti. Una di quelle città in cui potrebbe attecchire l’idea della nascita di un giornale di pettegolezzo locale. Un po’ più di un paese e un po’ meno di una città. Un paesone che guarda con sufficienza i paesi solo perché in città non esistono le anziane signore sedute fuori dagli usci nel borgo.

Una città che si dà delle arie, in cui però un evento interessante è raro per non dire improbabile. La fervenza culturale, qualcosa che si è solo sentito nominare a proposito di altrove. Fa quasi senso, fa quasi antipatia: offerta culturale.Gli altri hanno l’offerta culturale? Ebbene, noi abbiamo il mare. Il mare è più bello. Il mare ci fa stare bene, a cosa ci serve l’offerta culturale?

Per carità, sia chiaro, io amo la mia città. Ho sempre considerato l’essere nata qui una sfortuna e una fortuna insieme. Dover vivere in un contesto così piccolo porta a doversi inserire in dinamiche sociali volenti o nolenti. Porta a farti capire che posto vuoi occupare in una comunità di persone, a farti capire che tipo sociale vuoi essere.

Allo stesso tempo hai poche opportunità di capire cosa ti piace veramente. E quindi chi sei veramente, oltre a chi vuoi rappresentare in società. Il termine apparenza ha più significati. Non vuol dire necessariamente mera apparenza. Ma per alcuni, apparire in società, diventa qualcosa di svincolato da ciò che sono. In un contesto del genere puoi arrivare anche a farti poche domande su chi veramente sei, e arrivare a definirti solo sulla base di quello che vuoi rappresentare per gli altri.
Hai poche alternative. Tutte si riducono alle due assurde tra conformismo e anticonformismo. E’ assurdo perché gli anticonformisti sono i più conformisti di tutti. E’ assurdo che esista questo dibattito. E’ assurdo che esista questa distinzione.
Nascere in una città del genere porta però un’altra fortuna: essere consapevoli di volersene andare. Sembra un controsenso: perché dovresti essere fortunato a nascere in una città da cui vuoi andartene? Perché impari a capire cosa non hai. Nasci in una città che non vizia e quindi quando poi finisci in una città che ti vizia lo apprezzi davvero. Ancora di più di chi è nato già viziato. Cresci in un contesto secco e infecondo che, se sei fatto in un certo modo, inizia mentre cresci ad andarti stretto. E non ti accontenti più di leggere, ma vuoi vedere. Vuoi incontrare persone, vuoi partecipare ad eventi, vuoi vedere mostre e musei, vuoi meravigliarti dell’apertura mentale di altri.
Il mare continua ad essere bello, ma non ti basta più a farti stare bene. Non è il mare a dirti chi sei. Almeno, non a te.
E così parti per Milano, in cui gli abitanti sono dieci volte di più. Scopri che le persone vivono in modo diverso, che ci sono anche lì distinzioni, ma sono sentite in modo diverso. Scopri te stesso perché puoi scoprire cosa davvero ti piace. Finalmente respiri fuori da un corsetto. Già solo sapere di poter scegliere dà un senso di libertà incredibile. Lo apprezzi davvero. E inizi a capire che sarebbe molto difficile tornare a vivere nel contesto precedente. Anzi, chissà, ti aprirai verso nuovi orizzonti.
Quando torni a casa sei diverso e forse stai anche un po’ antipatico a chi è rimasto uguale.
E non è colpa di nessuno.
E’ come il mito della caverna platonico. Chi si volta e vede la luce che illumina le cose reali è malvisto da chi rimane girato a guardare le ombre della realtà. Anzi, rischia di esserne ucciso.
E, ripeto, non è colpa di nessuno.
Se ti sei voltato sei semplicemente un irrequieto curioso che invidierà chi ha deciso di restare e soffrirà la mancanza del mare. Ma che è consapevole che non avrebbe potuto fare altrimenti per sopravvivere.
Andarsene è sopravvivere.

Silvia Lazzaris

Foto di Caterina Truppa

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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