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Marina Apollonio alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia 

Visitabile fino al 3 marzo 2025, la mostra «Marina Apollonio. Oltre il cerchio» è la più ampia retrospettiva mai realizzata in ambito museale in Italia dedicata all’artista.

3 minuti di lettura

È proprio a Venezia che Marina Apollonio compie i suoi primi passi da artista, un percorso che nel 1968 la condurrà verso Peggy Guggenheim. Dopo aver visitato la personale di Apollonio presso la Galleria Paolo Barozzi di Venezia, la collezionista le commissiona Rilievo n. 505, opera che ancora oggi fa parte della sua collezione. Questo episodio dimostra, ancora una volta, il sostegno della Guggenheim alle giovani avanguardie italiane. Simbolica, quindi, è l’ampia retrospettiva dedicata a Marina Apollonio dalla Collezione Peggy Guggenheim, che celebra una delle maggiori esponenti internazionali dell’arte ottica (Op Art) e cinetica. 

Curata da Marianna Gelussi, storica dell’arte e curatrice indipendente, la mostra presenta un centinaio di opere provenienti dalla collezione dell’artista e da istituzioni museali nazionali e internazionali, come la Neue Galerie di Graz, la Fondation Villa Datris di L’Isle-sur-la-Sorgue in Francia, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il MART di Rovereto, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, la Kunsthalle Recklinghausen, il Ritter Museum di Waldenbuch in Germania e il Museum Haus Konstruktiv di Zurigo.

La mostra è un tributo all’artista che ripercorre la sua carriera dal 1963 a oggi, mettendo in evidenza il rigore della sua ricerca visiva, tra pittura, scultura e disegno: opere statiche, in movimento e ambientali, in bianco e nero e con ricerca cromatica, con sperimentazioni tecniche e di materiali.  

Marina Apollonio, 1965
© Archivio Marina Apollonio

Il “virus dell’arte”  

Figlia di Umbro Apollonio, critico d’arte, scrittore e direttore dell’Archivio Storico della Biennale di Venezia dal 1949 al 1972, Marina Apollonio si trasferisce a Venezia all’età di otto anni, nel 1948. Cresce tra intellettuali e artisti, dunque, come dice lei, “contagiata dal virus dell’arte”. Inizia ad indagare attorno al concetto della percezione visiva nel 1962, in sintonia con l’avanguardia Programmata.

Marina Apollonio è particolarmente vicina al Gruppo N di Padova (Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi) e frequenta il Gruppo T di Milano (Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi, Grazia Varisco), oltre a essere in contatto con amici come Getulio Alviani e Dadamaino, e con artisti legati ad Azimut/h, quali Piero Manzoni ed Enrico Castellani, e al Gruppo Zero di Düsseldorf, come Nanda Vigo, nonché con i già affermati Enzo Mari e Bruno Munari.

Questi rapporti sono di grande importanza, poiché è proprio con loro che condivide l’impegno artistico e l’urgenza di superare lo stato delle cose, con l’idea di rivoluzionare l’arte e, attraverso essa, la realtà. In sintesi, quello slancio utopistico che li spingeva a voler rivoluzionare non solo l’arte, ma anche la figura e il ruolo dell’artista. 

Il percorso espositivo

Ad accompagnare il pubblico tra le sale della mostra Marina Apollonio. Oltre il cerchio ci sono le molteplici linee che dinamizzano lo spazio e la percezione. Le composizioni, perfettamente programmate, possiedono una propria identità e vitalità. Il cerchio, che si ripresenta in numerose variazioni, è carico di valore simbolico e rappresenta il desiderio di superare i limiti della superficie e della cornice.

Oltre alla serie delle Dinamiche circolari, iniziata nel 1963, sono esposti i Rilievi realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta, insieme alle sculture, anch’esse basate sulla figura del cerchio e sulla sua ripetizione. Questa ripetizione è ulteriormente enfatizzata dal posizionamento delle luci nella sala, che genera ombre e, quindi, ulteriori cerchi. Sempre nella sala 4, il percorso prosegue portando il visitatore davanti alle Gradazioni, pitture in cerchi concentrici che, a differenza di quelle in bianco e nero presenti all’inizio del percorso, vedono il colore programmato secondo variazioni progressive ad anelli concentrici, generate letteralmente “al contagocce”, come definito dalla stessa Apollonio. 

 Marina Apollonio
Rilievo 703
1964–1970 
Alluminio e pittura fluorescente su tavola / Aluminum and fluorescent paint
50 x 50 x 5 cm
Collezione dell’artista, Padova / Collection of the artist, Padua
foto / photo Sergio Martucci
 © Marina Apollonio
Marina Apollonio
Gradazione 16N
1966
Acrilico su legno / Acrylic on panel
70 x 70 cm
Collezione Holler / Holler Collection
 © Marina Apollonio

Sono inoltre presenti disegni e materiali inediti, che permettono di scoprire aspetti meno noti della produzione dell’artista e consentono di esplorare al meglio la sua poetica. Infine, l’esposizione si conclude con Endings (2024), una collaborazione inedita tra Apollonio e il compositore Guglielmo Bottin. Ispirato a Fusione circolare (2016) di Apollonio, il brano musicale di Bottin emerge dall’end groove, il cerchio chiuso, spirale senza fine in cui entra la puntina del giradischi quando giunge alla fine del disco.

L’unico suono che si può normalmente sentire in un end groove è quello del crepitio della puntina oppure la parte terminale, appena udibile, del brano posto in fondo alla facciata. Da sedici dischi diversi sono stati registrati altrettanti anelli sonori di identica durata: 1,33 secondi, il tempo di una rivoluzione completa del disco. Senza l’aggiunta di altri suoni, questi frammenti di “rumore mediale” sono stati elaborati e poi composti come tessere di un mosaico poliritmico, una stesura stratificata di accumulazioni, sottrazioni e interruzioni improvvise, tipiche della musica techno. 

Guglielmo Bottin

Endings, immagine sonora della spirale e dei suoi giri potenzialmente infiniti, è dunque un invito a riflettere sulla forma stessa dell’opera d’arte.  

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Immagine di copertina: Marina Apollonio, 1965
 © Archivio Marina Apollonio

Dorasia Ippolito

Curiosa, iperattiva e appassionata d'arte, classe 2002, studentessa fuorisede di scenografia all'Accademia di Belle Arti di Venezia giornalmente tormentata dalla domanda "ma sei pugliese?".

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