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Apologia (provocatoria) di Medea

Icona di mistero e contraddizione, incarna il destino di tante donne invisibili. Tra leggenda e mito, la figura di Medea suscita emozioni e dibattiti da secoli

5 minuti di lettura

Questo non è un racconto di storia, ma il racconto della storia di una donna. Una donna mai esistita, ma che ci parla di tante altre. Madre, amante, principessa, strega, assassina. Difficilmente si potrebbe trovare un qualcosa che Medea non è stata. Figura avvolta nel mistero, seducente, esule perenne; la sua storia ha affascinato, e inquietato, fin dalla più remota antichità. Si tratta di un personaggio controverso, che nel corso dei secoli ha avuto modo di dividere il pubblico tra compassione e rabbia, biasimo e pena, critica e comprensione.

All’occorrenza discendente di Helios e Circe, talvolta figlia di Hecate, un’eredità che già nel suo essere definisce ciò che Medea sarà destinata a diventare: maga tanto potente quanto spietata, incantatrice, incredibilmente decisa nel suo agire e pronta a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi. Astuzie, scaltrezze, è questo ciò che si cela dietro a Μήδεια, nome immortale e maledetto. Un’astuzia che mai, nel mondo greco, arriva senza far pagare delle conseguenze al proprio portatore, una scaltrezza che devasta fin dal profondo e le si ritorce contro.

Ma Medea è anche l’abbandonata, la tradita per eccellenza, destinata a rimanere senza patria e senza radici. Quante Medea sono esistite ed esistono tuttora nel mondo? Mai troppo comprese, vissute nell’ombra del loro grande amore catastrofico. Medea, una donna talmente afflitta dal dolore dell’abbandono da essere disposta a tutto pur di ottenere la sua vendetta, tanto da uccidere i suoi stessi bambini. Una risposta terribile, un gesto estremo nella sua disperazione: meglio essere conosciuta come una grande assassina, meglio la maledizione eterna piuttosto che vivere nella vergogna di una grandezza, di una femminilità rinnegata e non riconosciuta.

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La sua storia inizia nella Colchide, un paese tanto lontano dalla “civiltà” quanto pericoloso, avvolto nel mistero della diversità e della lontananza stessa. E proprio qui può essere ricercata l’origine della fatalità di Medea, nel suo essere una straniera. Ma non una straniera qualsiasi, una straniera di ascendenza divina, dotata di poteri in grado di causare cambiamenti atmosferici e sovvertire l’ordine naturale delle cose. Forse proprio per questi poteri, fatali e al contempo incredibilmente attraenti, viene notata da Giasone: vicina alle sfere del potere e dotata di poteri magici, risulta essere lo strumento perfetto per completare la sua missione.

Lei, giovane donna che mai ha conosciuto l’amore, sedotta dal fascino dello straniero – o, meglio dire, estraneo – viene squarciata da un dilemma esistenziale. Famiglia o amore? Fedeltà o tradimento? Permanenza o abbandono? Il dubbio la porta ad affrontare una notte tormentata, in preda a sogni e visioni terribili, notte da cui esce con una risposta: morte. Morte alla sua famiglia, morte alla vecchia vita, morte alla Colchide.

Una scelta fatale, che segnerà il suo destino in maniera indelebile e determinerà l’uccisione del fratello Apsirto e l’abbandono della terra natia, troppo stretta per il suo potere e per il suo amore. Con le mani ancora bagnate del sangue del fratello, prende il largo insieme all’uomo che pensa potrà darle un futuro e lo aiuta in ogni maniera possibile, fa in modo che egli diventi potente e riconquisti ciò che è suo di diritto. Dalla Colchide a Iolco, da Iolco a Corinto segue lo straniero e diviene sua moglie. Città dopo città, delitto dopo delitto. E poi? Poi diviene lei la straniera. O forse lo è sempre stata?

In un luogo ostile, dove viene vista solo per quel che non è, l’arma del tradimento inizia a ritorcesi contro di lei. Da principessa si trova ad essere nessuno, mentre il Nessuno a cui si è totalmente votata – che, nel mentre, le ha dato due figli – inizia a metterla da parte. Ora è un’altra principessa a interessarlo, una molto più vicina e che può offrirgli quel che necessita in quel momento: alleanze e terre, non amore e filtri magici. Niente più stregonerie, niente più amore per Medea. Iolco, Corinto, tutte queste terre non suonano più tanto dolcemente come in passato, quando venivano descritte dalla voce del suo desiderio.

Ora sono terre ostili, piene di nemici pronti a tutto pur di sopraffarla. E proprio qui la scia di morte iniziata nella Colchide giunge a pieno compimento: non c’è più niente per Medea. E allora Medea lascerà il niente. Come un dio che dà e toglie a piacimento, Medea toglie a Giasone tutto ciò che prima gli ha elargito – compresi i due bambini. Un gesto estremo e sofferto, folle, frutto dello sfruttamento e poi abbandono di una donna che, pur quanto atipica, è prima di tutto umana. Tanta è la rabbia in lei, tanta la sua furia. Come un cataclisma si abbatte sulla città di Corinto e lascia il nulla dietro di sé, scomparendo all’orizzonte sul suo carro.

Medea deve andarsene nuovamente, deve scappare da una città che non ha più niente per lei. Esule perenne, finalmente giunge ad Atene: una nuova terra, una nuova speranza. Il re Egeo la nota e se ne innamora, tanto da prenderla in sposa e darle un figlio. Gioia, pace, soddisfazione. Un futuro sembra delinearsi all’orizzonte, un futuro stabile e non errante. Eppure, questo futuro non è fatto per Medea, come se il destino stesso volesse costringerla a rimanere senza una dimora e senza una famiglia, in risposta all’aver rinnegato entrambe con quel suo primo gesto estremo ed efferato.

Un nuovo straniero giunge alle porte della città e le scombussola nuovamente i piani: Teseo reclama la paternità di Egeo e il trono, trono che la donna aveva sognato per suo figlio. La soluzione per Medea è immediata: solo la morte può colpire chi si frappone tra lei e i suoi obiettivi, chi le impedisce di raggiungere il proprio scopo. Tuttavia il piano va a rotoli e la donna è costretta a scappare, in una spirale di fughe e tradimenti che è l’essenza stessa delle sua esistenza.

Dove andare? La storia si chiude dove è iniziata, nella Colchide. In una climax che sembra sempre più ascendente verso il disastro e l’efferatezza, Medea trova pace nel luogo dove tutto è iniziato, nel luogo da cui è partita la sua scia di morte. Finalmente una terra che può chiamare casa – quella che, tanto tempo prima, ha rinnegato – dove non è più una straniera: la riconciliazione con il padre le permette di porre fine ad una vita di abbandono e, forse, di interrompere quel ciclo oscuro che proprio lì ha avuto origine.

Sedotta, sfruttata e poi messa da parte. Quante Medea sono esistite nella storia ed esistono tuttora? Sedotte, sfruttate e poi messe da parte. Fino alla rivalsa, spesso troppo terribile per essere raccontata. Una follia distruttrice, controversa, malata. Quante storie racchiude quella di Medea? Storie di sogni e speranze, storie di un amore distruttore, di un desiderio di accettazione che va oltre l’amor proprio e degli altri. Storie di chi si perde per poi ritrovarsi, proprio dove meno se lo aspetta. Una figura che rimane eterna nella sua grandezza, terribile certo, eppure tanto grande nella sua umanità.

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Immagine in copertina: Maria Callas nei panni di Medea, nell’omonimo film di Pier Paolo Pasolini (1969)

Bibliografia
Apollonio Rodio – Argonautiche
Esiodo – Teogonia
Euripide – Medea
Ovidio – Metamorfosi VII; Heroides XII
Seneca – Medea

Eleonora Bonacina

Sognatrice disillusa, classe 2000. Proveniente dalla leggendaria Domodossola e milanese acquisita, sono attualmente una studentessa magistrale in Filologia, Letterature e Storia dell’Antichità. Appassionata da tutto ciò che ha una storia da raccontare - con un fetish per il curioso e l’assurdo - e nerd occasionale, vivo per i piccoli istanti rubati.
È facile che io sia quella ragazza seduta da qualche parte con un libro in mano.

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