Si fa presto a dare la patente di laboratorio politico o di speranza per l’uno o l’altro schieramento di sovvertire le sorti della politica italiana, ma quello che è successo in Sardegna negli ultimi mesi, mostra come la politica dell’isola non solo mostri un cambiamento radicale rispetto ai risultati delle precedenti elezioni regionali e amministrative, ma anche che l’unione delle forze progressiste e riformiste del cosiddetto campo largo porti a risultati inimmaginabili solo qualche mese fa. Non è un caso che l’unione tra il Partito Democratico (le cui caratteristiche in Sardegna sono leggermente diverse rispetto al resto del Paese), il Movimento 5 Stelle e la sinistra in cui sono presenti i Progressisti sardi e Alleanza Verdi e Sinistra abbia portato a risultati storici come quelli delle Regionali, in cui si è affermata la candidatura di Alessandra Todde (già Sottosegretaria allo Sviluppo economico del governo Conte II e Viceministra allo Sviluppo economico del governo Draghi), e delle amministrative che trovano ulteriore conferma nelle vittorie di Cagliari, Sassari e Alghero.
Bisogna capire cosa vuol dire essere Isola
Probabilmente, le peculiarità della Sardegna sono date non solo dalla sua storia politica e umana, ma, ancora più alla base, dal suo essere isola. Per comprendere la politica delle isole bisogna spogliarsi delle convinzioni che si hanno a livello nazionale ed europeo. Le dinamiche cambiano, così come cambiano i rapporti di forza. L’essere isola, che troppo spesso ha fatto rima con l’essere isolati, contribuisce a creare un sistema che gode di vita propria e assume sembianze non sempre comprensibili all’esterno. Non è un caso che la Sardegna, così come la Sicilia, siano i terreni scivolosi dove le dinamiche nazionali e i temi di comune vulgata hanno meno appeal. Servono soluzioni diverse, per certi versi migliori, ma sicuramente soluzioni cucite addosso a territori aspri, ruvidi, e insieme ricchi di contraddizioni e meravigl…