fbpx

Vedere per comprendersi, Nebula esplora la video-art a Venezia

Fino al 24 novembre 2024 al Complesso dell'Ospedaletto di Venezia la Fondazione In Between Art Film porta Nebula, una mostra di video-art che esplora il confine tra vedere e comprendere, dando spazio a storie e background diversi.

3 minuti di lettura

Qual è il confine tra vedere e comprendere? Nebula, seconda mostra della Fondazione In Between Art Film negli spazi del Complesso dell’Ospedaletto a Venezia, indaga con dieci artiste ed artisti la questione tramite lo strumento della video-art. Un medium che negli spazi della Chiesa di Santa Maria dei Derelitti, la sala della musica e la casa di cura trova però una contestualizzazione spaziale che contribuisce ad incrementare l’impatto emotivo della visione.

Leggi anche:
Race Traitor: Adrian Piper torna in Europa al PAC

Relazione tra spazi

La mostra è organizzata in otto blocchi, corrispondenti a otto filmati diversi e segnalati con un’insegna luminosa che riporta alla mente alcuni multisala datati di vecchi film americani. Questi dispositivi stonano di proposito con alcuni ambienti, prima fra tutte la Chiesa di Santa Maria dei Derelitti dal gusto barocco con cui si apre il percorso di visita. Davanti allo spettatore nella navata buia si staglia su tre mega-schermi disposti in verticale uno accanto all’altro come una pala d’altare il cortometraggio Brown Bodies in an Open Landscape are Often Migrating dell’artista di origine pakistana Basir Mahmood. Il progetto nasce influenzato da alcuni filmati registrati e postati online dai migranti dell’Asia meridionale: nel montaggio Basir Mahmood non mostra tanto la messa in scena di questi filmati, o la loro riproposizione, ma lascia che a (di)mostrare le dure condizioni di vita di coloro che sono costretti ad attraversare un deserto siano le immagini dei registi accaldati, dei cameraman che non riescono a trovare gli attori da inquadrare. Lo sfinimento della troupe, inevitabilmente posto in condizioni ambientali analoghe a quelle affrontate dai migranti, denuncia già da solo le difficoltà di questi pericolosi viaggi della speranza. Tra una ripresa di un paesaggio e l’immagine di un assistente sfinito vengono mostrati anche i filmati originali registrati dai migranti, osservati dai telefonini dei membri della troupe o tramite fogli con stampate le thumbnail dei video su Youtube.

Leggi anche:
Jean Cocteau alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia 

Nebula

Dalla Chiesa dell’Ospedaletto il percorso continua attraverso uno stretto corridoio dai richiami spaziali rivestito ora di una superficie argentata, ora da materiali neri fonoassorbenti. Questa scenografia, creata dal gruppo 2050+, vuole simulare la creazione di un ecosistema che garantisce un senso di smarrimento visivo e spaziale allo spettatore, che ora si trova in una chiesa barocca, ora in un tunnel dal gusto sci-fi. Nebula è il titolo – omaggio alla mostra – del progetto audio-visivo di Giorgio Andreotta Calò: una pecora si sveglia nella Chiesa e vaga per gli stessi spazi allestitivi della mostra, senza una meta. L’unico suono oltre all’assordante silenzio di un’ambientazione desolata tanto reale quanto inquietante e distopica agli occhi dello spettatore è quello di un campanaccio, che sembra suonare proprio nei momenti in cui l’animale si ferma abulico senza sapere dove dirigersi nel suo inquieto vagabondare. Un campanaccio che forse sottolinea l’assenza di un pastore che la guidi, oppure essere un suono che proviene dal passato dell’animale, dalla vita in montagna con il pascolo. Un interrogativo che può benissimo riflettersi sullo spettatore: come andare avanti, come uscire dall’in-azione? Bisogna fare affidamento ad un’entità superiore ed invisibile o ascoltare l’eco ancestrale della nostra natura e delle nostre radici? Da dove veniamo e dove andiamo, ma soprattutto perché?

Nebula, Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia, 2024. Courtesy Fondazione In Between Art Film. Foto: Lorenzo Palmieri

Leggi anche:
Un lento viaggio introspettivo: visitare INTIMUS di Jacques Pion

Diventare fuoco

Al piano superiore della mostra gran parte degli spazi dell’Ospedaletto è riservata al progetto di Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme Until we became fire and fire us. Nel lavoro ai progetti di video-art vengono incorporati i disegni del padre di Ruanne Abou-Rahme realizzati a Gerusalemme tra gli anni Settanta e Ottanta, per riflettere sulle forme di espropriazione in Palestina. L’opera fa parte del progetto May amnesia never kiss us on the mouth, che osserva come le comunità resistano alle esperienze di sradicamento. Significativo è lo spazio allestitivo prescelto: per quattro secoli le sale dell’Ospedaletto sono state rifugio per i poveri e gli ammalati, ora in questa esposizione accolgono dei lavori che riflettono sul tema della privazione della propria terra e la privazione della libertà. Si continua a parlare di espropriazione con il progetto degli artisti brasiliani Tiago Mata Machado e Cinthia Marcelle Acumulaçao Primitiva. In questo video una famiglia siede sulle macerie della propria casa distrutta da un’azienda di costruzioni, le cui ruspe creano cumuli di detriti, le cui ruspe creano cumuli di detriti fra i resti di quello che era un salotto. Il progetto racconta una storia di sopravvivenza, di tenace attaccamento alla propria casa, la propria terra madre. Simboleggia la forza di un popolo che non si arrenderà mai all’estirpazione delle proprie radici.

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

In copertina: Basir Mahmood, Brown Bodies in an Open Landscape are Often Migrating, 2024 in “Nebula”, Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia, 2024. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film. Foto: Lorenzo Palmieri

Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.