In portoghese, esiste un termine utilizzato per indicare quella schiumetta che si forma sulla cresta delle onde e che colora il mare di una spuma biancastra: è maresia e simbolizza proprio quell’eterno mescolarsi delle onde all’interno dello stesso mare, in un movimento ritmico e d’insieme. I Selton, gruppo brasiliano trapiantato a Milano, di questa continua mescolanza sono una delle sintesi contemporanee tra le più interessanti nel nostro panorama musicale e il loro ultimo album, Gringo Vol. 1 (uscito il 10 maggio per Island Records/Universal Music Italia), si inserisce pienamente all’interno di questa simbologia.
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I Selton: tra l’Italia e il Brasile
Un gringo, nella terminologia ispanico-portoghese, è infatti uno straniero, una persona che parla una lingua incomprensibile e che ha una cultura differente da quella di riferimento – in questo caso quella dell’America Latina – ed ha per lo più un’accezione dispregiativa. Tuttavia, i Selton scelgono di guardare il termine da una prospettiva diversa e, attraverso il loro nuovo album, invitano l’ascoltatore ad assumere il punto di vista di un gringo, ossia di uno straniero: il risultato sarà quello di aprirsi ad una sensibilità nuova e guardare il mondo con occhi vergini e curiosi, pronti a stupirsi. In un gruppo in cui la contaminazione linguistica, culturale e musicale è sempre stata la cifra della loro musica, tale esortazione non poteva che venire naturale.
I Selton nascono infatti nel 2005, quando quattro ragazzi di Porto Alegre (rimasti in tre dal 2017), ex compagni di scuola, si rincontrano casualmente a Barcellona e da lì decidono di avviare insieme un progetto musicale, iniziando a suonare delle cover dei Beatles nel pittoresco Parc Güell della città spagnola. Lì vengono notati da due produttori italiani di MTV Italia che li invitano a Milano per registrare il loro primo album. Dal Brasile, all’Italia, passando per Barcellona: da quel giorno vivono stabilmente a Milano, ma le loro radici hanno sempre definito ogni loro progetto.
Il brano d’apertura del nuovo album lo dichiara forte e chiaro: Sangue Latino. Questa traccia è infatti una vera e propria dichiarazione d’intenti: si tratta di una cover di un brano originale degli anni Settanta del cantante brasiliano Ney Matogrosso, che ha realizzato un featuring con i Selton in questa loro nuova versione tradotta dal portoghese all’italiano. Ney Matogrosso è un pezzo di storia nella musica brasiliana, punto di riferimento della cultura underground durante gli anni più repressivi della dittatura militare brasiliana, conosciuta anche come regime dei Gorillas (1964-1985). Ed è proprio a lui che i Selton fanno riferimento in questa loro ricerca di suoni, ritmi ed immaginari diversi, mescolati, espressione di un legame indissolubile con le proprie origini, ma anche della necessità di aprirsi al mondo e di farsi da questo permeare.
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«Allora maresia»
È difficile sintetizzare il progetto dei Selton in un genere definito: folk, pop, musica tropicale, salsa, rock…tanti sono i generi che si fondono, ma a guidarli è sempre il ritmo e la sonorità, aspetto privilegiato dalla musica latino-americana. Un elemento particolare di quest’ultima risiede soprattutto nella sua dolcezza, a volte dai toni spensierati e giocosi, altre dall’andamento malinconico e sognante, in cui anche le canzoni ad un primo ascolto più allegre celano significati più profondi, spesso drammatici. La musica dei Selton, infatti, realizza in pieno questa eredità: in Gringo Vol. 1 si affrontano diverse tematiche, dalla delusione, alla ricerca dell’amore, fino a vere e proprie tragedie umane.
La terza traccia del disco, Fatal, ad esempio, riflette la precarietà e lo stress della contemporaneità, affrontando temi complessi e ultimamente al centro del dibattito, come il burnout (esaurimento legato al mondo del lavoro). Il sesto brano, Calamaro Gigante, racconta, con i toni di una favola, il dramma dei migranti in mare, visti attraverso gli occhi di un calamaro famelico in cerca di cibo e che si imbatte nelle donne e negli uomini finiti in mare dopo che la loro barca si è ribaltata. La settima traccia, invece, si chiama proprio Maresia, quella spuma che corrode il nostro destino, in un miscuglio di acque che in qualche modo ci ha determinati:
Ci credevamo vulcani, montagne, fondali
Ma siamo fatti di sabbia, di sogni, di sale
Cristalli segnati dalla maresia
Ma siamo coriandoli, voliamo via.
Questa mescolanza, però, non può che essere per i Selton la cifra dell’amore stesso, in un gioco di parole tra: Allora maresia / Allora amare sia.
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La vita come un insediamento sul mare
Nell’intero album, il mare è, indubbiamente, un concetto ricorrente. È sia l’elemento che separa i tre artisti dalla loro terra di origine – il mare Atlantico – sia una distesa che ci appare sempre uguale, ma che è determinata proprio da questa eterna mescolanza che producono le onde. È la metafora della vita, specialmente della vita attraversata da un movimento migratorio, in cui la fusione è inevitabile. La stessa metafora risuona nella scelta del nome della band: Selton è, infatti, un nome di origini inglesi e diffuso in Brasile. Esso deriva dal termine sea settlement, insediamento sul mare. Qui risiede la loro musica: in uno stare in una realtà densa, unita e multiforme, alimentata da un flusso costante, che la porta ogni volta a ricrearsi su sé stessa. Le sonorità dei Selton si immergono pienamente in questa commistione, in un incontro tra mondi che ci incuriosisce e che ci porta ad ascoltare i loro album in una modalità diversa, con le orecchie di un gringo.
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