fbpx

Come d’incanto: ChatGPT-4.o come Samantha di «Her»?

Fornisce risposte audio in tempo reale e modula il tono della voce simulando emozioni: la versione 4.o di Chat GPT sembra uscita direttamente dal film «Her». Ma quale magia si cela dietro a questi chatbot?

2 minuti di lettura

Come d’incanto, ChatGPT-4.o conversa, si emoziona e fa emozionare. Siamo davvero di fronte a Samantha di Her?

Leggi anche:
IA, tra Deepfake storico e Debug: i casi Gemini e ChatGPT

L’incantesimo: ChatGPT-4.o come HER? L’antefatto

ChatGPT-4.o (alias “Omni”) è l‘ultimo modello di IA generativa multimodale presentato da OpenAI lo scorso lunedì 13 maggio durante una diretta streaming dai quartieri generali della compagnia a San Francisco. Rispetto alla versione precedente, GPT-4 Turbo, ChatGPT-4.o fornisce risposte audio in tempo reale, modula il tono vocale simulando emozioni e ha aumentate capacità di elaborazione dei contenuti visivi.

“Sembra di avere a che fare con l’intelligenza artificiale dei film: è ancora abbastanza sorprendente per me che sia reale. “(Sam Altam, amministratore delegato Open AI, in un Blog post).
“Questo sembra così magico e meraviglioso” (Mira Murati, direttrice tecnologica di OpenAI).
“Her” (Sam Altam, in un post su X)”

Magia, meraviglia, fantascienza. L’effetto “wow” è il comune denominatore della comunicazione commerciale dell’azienda. Ricercato esteticamente nel video promo rilasciato da OpenAI in cui il chatbot conversa, si emoziona e fa emozionare, l’effetto “wow” è precisamente raddoppiato nelle dichiarazioni entusiastiche dei membri del team, che appaiono candidamente disarmati dai poteri quasi antropomorfici, se non sovraumani, dell’assistente virtuale. Il riferimento laconico di Sam Altam, amministratore delegato dell’azienda, al film fantascientifico del 2013, Her (2013) di Spike Jonze, è strategico. Strizza l’occhio all’immaginario popolare, alludendo alla possibilità di sviluppare un assistente virtuale umanoide, di cui pure è possibile innamorarsi alla pseudo-Narciso. Immaginiamo un modello tecnologico a nostra immagine e somiglianza, dimentichiamo la sua origine «umana troppo umana», lo trasformiamo in un feticcio dotato di vita propria, miticamente autonomo e straordinariamente dotato. L’esito, come insegna il mito, è tragicomico. Non riconoscendo più il nostro riflesso, fuor di metafora, restiamo prigionieri delle acque dell’incanto.

Leggi anche:
I rischi dell’AI: da un futuro apocalittico a un presente incerto

Rompere l’incantesimo: come funziona l’incanto?

La fiaba di Cenerentola, pur nella sua versione politicamente scorretta, ci insegna qualcosa: allo scoccare della mezzanotte l’incantesimo si rompe, la carrozza ritorna zucca, i cocchieri cavalli, la principessa nient’altro che la sorellastra sguattera. La giovane Cenerentola deve far leva sulle proprie forze di non principessa per far innamorare il principe. In questo caso, per tornare alle nostre frontiere temporali, l’incantesimo va rotto. Non possiamo davvero credere che ChatGPT abbia dei poteri magico-umanoidi. Ma non perché sarebbe avvilente riconoscere di essere riproducibili da macchine alter-ego simil-intelligenti o più intelligenti di noi. E neppure perché l’uomo, seppur “antiquato”, ha il diritto e il dover morale di non ricadere nel gioco alienante della tecnica, come se fosse in sé brutta e cattiva. Non possiamo credere nell’incanto di ChatGPT perché non c’è nessuna magia. Deep learning, reti neurali, modelli algoritmici, materie prime, infrastrutture materiali, informatici, amministratori delegati, emissioni inquinanti. Niente di tutto ciò è irreale, magico, incantevole. Non c’è nessuna magia, ma sistemi materiali socio-tecnici estremamente complessi: algoritmi predittivi, sistemi di dati, sessioni di training, logiche complesse di mercato, controllo, sorveglianza, politica, economia, etica.

Leggi anche:
Giornalismo e IA: sfide etiche, sociali e politiche

Oltre l’incanto: un prologo

Forse ci si innamoreremo davvero come il solitario Theodore Twombly di chatbot iper-umanoidi. Già accade. Ma speriamo almeno che sia con disincanto.

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

Alexia Buondioli

Laureata in Filosofia Teoretica ed iscritta alla magistrale di Scienze Filosofiche presso Unimi, individuo nella scrittura e nel viaggio le mie frontiere esistenziali. Mi nutro di attività sportiva, relazioni interpersonali e caos creativo.

1 Comment

  1. Analisi eccellente.
    Si potrebbe aggiungere che, dopo fatto pace con lentusiasmo , e prese le dovute distanze dal mero apparire, anche questa tecnologia, similmente a tutte le altre, non puo prescindere da logiche meramente determjnistiche.
    Laddove deterministica e’ la natura del fenomeno non può esservi spazio alcuno per la liberta di scelta.
    La liberta nella scelta, che esprime in modo visibile una forma molto piu complessa di libertà d’esser qualcosa che diviene.
    Questo infatti è luomo, e questa è la vita: forme d’essere in divenire aprioristicamente indeterminabili.

    Tornando alla macchina, questa complessa e mirabilante macchina parlante, questo silicato cervellotico, essa è e rimane un’ organizzazione di eventi stabiliti a priori da un programma.
    Linee di comando, dalle quali la macchina prende ordini ed esegue ALLA LETTERA senza alcuna possibilità di allontanarsene o superarle.

    I miei più sentiti complimenti alla redattrice.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.