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László Moholy-Nagy: il cinema e la fotografia come prolungamenti dell’occhio umano

Formatosi alla scuola di Jean Metzinger e Giacomo Balla, l'artista ungherese László Moholy-Nagy muove i primi passi come pittore per approdare poi ai campi in cui farà le maggiori sperimentazioni e innovazioni: la fotografia e il cinema.

2 minuti di lettura

Non colui che ignora l’alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l’analfabeta del futuro.

Citato in Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

Una frase che fa emergere una presa di posizione netta. Analizzandole bene, queste parole sono in grado di far emergere l’intera densa poetica di László Moholy-Nagy.

Artista ungherese naturalizzato statunitense, László Moholy-Nagy è stato un pittore e fotografo esponente del Bauhaus, con cui iniziò a collaborare dal 1923.

Nato a Bácsborsód nel 1985, studiò legge all’Università di Budapest: dopo il primo conflitto mondiale si trasferì a Berlino e lì entrò in contatto con le avanguardie artistiche e i maggiori esponenti del panorama culturale del periodo, tra cui El Lissitzky e Walter Gropius.

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László Moholy-Nagy pittore

Il primo approccio all’arte di László Moholy-Nagy fu attraverso il mezzo pittorico.

Studiò a lungo gli artisti più anziani di lui, trovando ammirevoli i lavori di Jean Metzinger e Giacomo Balla in quanto tentavano di portare su tela più punti di vista simultanei in modo da superare l’immagine statica tipica delle arti plastiche.

In Donna a cavallo del 1912, per esempio, Jean Metzinger fonde l’uso di forme geometriche tipiche della corrente cubista e la sperimentazione di una nuova prospettiva basata sullo sfaldamento e sulla scomposizione delle forme.

Donna a cavallo, Jean Metzinger, 1912

László Moholy-Nagy fece propria le lezioni di Jean Metzinger e Giacomo Balla ma le rielaborò: fermamente convinto che i colori sulla superficie della tela fossero il mezzo specifico della pittura, eliminò la figura dalla propria arte tendendo piuttosto verso la rappresentazione astratta di forme geometriche. Emblematica è A19 del 1927, dove l’artista gioca con effetti ottici e di trasparenza facendo apparire le figure sulla tela tridimensionali.

A19, László Moholy-Nagy, 1927

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Il cinema e la fotografia come prolungamenti dell’occhio umano

Cento anni di fotografia e due decenni di film ci hanno incredibilmente arricchito sotto questo profilo. Si può dire che noi vediamo il mondo con tutt’altri occhi. Nonostante ciò, finora il risultato complessivo non va molto più in là di una produzione visiva enciclopedica. Questo non ci basta. Noi vogliamo produrre secondo un piano, in quanto per la vita è importante la creazione di nuove relazioni

László Moholy-Nagy, Pittura fotografia e film, 1967

László Moholy-Nagy è senz’altro maggiormente noto per le proprie rivoluzionarie idee sul mezzo fotografico e cinematografico: anticipando di circa dieci anni Walter Benjamin, l’artista ungherese capì presto come il cinema e la fotografia già negli anni Venti avessero modificato la percezione sensoria dell’uomo, diventando un vero e proprio prolungamento dell’organo della vista e del visibile.

Si tratta di due mezzi nuovi, che si discostano completamente dalle arti plastiche: da una parte, la pittura ha come proprio mezzo specifico i pigmenti, dall’altra è invece la luce a caratterizzare la fotografia e il cinema.

L’artista sperimentò moltissimo, ad esempio con la realizzazione dei Fotogrammi. Questi ultimi altro non sono che registrazioni dirette della luce su superficie sensibile: la luce acquisisce il valore di materiale compositivo sostituendo il pigmento così come il fotogramma sostituisce la tela.

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Le prove di László Moholy-Nagy non si fermano qui: realizzò anche foto-collage (noti sotto il nome di Fotoplastica) e arrivò anche a lavorare con il mezzo cinematografico. Tra il 1921 e il 1922 scrisse la sceneggiatura del film Dinamica di una grande città, mai realizzato per la mancanza di fondi.

La realizzazione di simili progetti determina nuove esigenze relative alla
potenzialità del nostro organo di percezione ottica, l’occhio, e al nostro
centro di ricezione, il cervello. Con l’eccezionale sviluppo della tecnica e
delle metropoli i nostri organi di ricezione hanno ampliato la loro idoneità a
una funzione acustica e ottica simultanea.

László Moholy-Nagy, Pittura, fotografia e film, 1967

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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