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“Nella casa”: feticismo, voyeurismo e letteratura nel nuovo film di François Ozon

2 minuti di lettura
Si intitola “Nella casa” la nuova perla del cinema d’oltralpe, che prende spunto da a pièce teatrale spagnola di Juan Mayorga (El chico de la última fila). Il film è incentrto sul rapporto tra un insegnante frustrato, nonchè scrittore incompreso e fallito, ed un giovane allievo talentuoso nella scrittura che siede all’ultimo banco ”perché da lì si può vedere tutto senza essere visti”. Il giovane Claude coinvolge il suo insegnante in un gioco perverso. Da una panchina con vista sulla villetta della famiglia borghese di quel compagno di classe gentile, simpatico ma un po’ sfigato che tutti abbiamo o abbiamo avuto, Rafa,  Claude osserva la vita normale di una famiglia benestante. Approfittando del rapporto di amicizia che costruisce (per davvero o per finta?) col coetaneo, Rafa, si insinua nella sua famiglia cominciando a scrivere quello che accade e coinvolgendo l’insegnante -e in un certo senso, sua moglie Jeanne-  in un pericoloso gioco che si spinge fino al punto di tentare di sedurre la madre dell’amico. Realtà o fantasia letteraria? François Ozon porta sul grande schermo un’opera dalle mille sfaccettature che si presta a più possibilità di lettura. Vediamo di fare un po’ di chiarezza. Quello che in una prima istanza pare essere un thriller, in realtà sottende molto di più: alla tensione in crescendo che accompagna lo spettatore dall’inizio fino alla fine si aggiunge la potenzialità. Gli avvenimenti sarebbero potuto accadere, forse sono accaduti per davvero, ma comunque non lo sappiamo. Un secondo livello di lettura, forse il più evidente, ma anche il primo a passare in sordina col progredire della storia riguarda il fatto che “Nella casa” è un film sulla scrittura. Claude, come una Sherazade del terzo millennio, intrattiene il sultano-professore Germain con i suoi temi che, a partire da un banale resoconto del fine settimana, sfociano in un continuo esercizio di stile con tratti di ironia sull’onda della satira borghese di stampo Flaubertiano. Ed è proprio Flaubert a farla da padrone per quanto riguarda il terzo livello di lettura individuabile: “nella casa” è anche un film sulla letteratura. Gli omaggi al “Genio” -come lo definisce Germain- permeano l’opera sia su un piano “pratico” (il liceo frequentato da Claude e dove insegna Germain è dedicato al grande autore francese), sia su un piano, se vogliamo, più sottile: il collegamento all'”Educazione sentimentale” (con un Claude più smaliziato di Frédéric Moreau) ma soprattuto quello a “Madame Bovary”, di cui Esther, la madre del compagno di Claude, è una degna epigone degli anni duemila, sono chiarissimi.  Il feticismo per la letteratura del professore e quello ossessivo per la casa e i suoi abitanti sono le linee portanti di questo film che, ricordiamo, prende avvio da una pièce teatrale, da cui si discosta per il ruolo cruciale assunto dalla casa, spazio claustrofobico che diviene emblema della scatola televisiva, del palcoscenico ma anche, e soprattutto, il luogo dove finzione e non finzione si compenetrano fino a fondersi.  Altro filo conduttore del film è quello del doppio, chiaro sin dall’onomastica: due sono i Rafa, padre e figlio, ma anche il professore che scopriamo chiamarsi Germain Germain, quando a Claude capita sottomano l’opera giovanile del docente, due sono le gemelle che costringono Jeanne, la moglie del prof., a chiudere la sua attività. La confusione e lo spaesamento che crea questa duplice onomastica è lo stesso provocato dall’incapacità di distinguere il piano dl vero o verosimile da quello del falso o possibile. In conclusione, “Nella casa”, magistrale esempio di contaminazione di generi, impregnato del voyeurismo più “hitchcockiano”, dell’ironia sottile e della letterarietà finissime tipiche dei film francesi, diventa quasi emblema dello spaesamemto dell’uomo in una società caratterizzata da una mancanza di punti di riferimento fissi, che richiede, perciò, la creazione di una realtà “altra”, salvo poi ritrovarsi coinvolti nell’inevitabile -nonché auto prodotto- meccanismo di “blocco ” tra fiction e non-fiction.

Giulia Malighetti

23 anni, laureata a pieni voti in Lettere Classiche alla Statale di Milano, amante della grecità antica e moderna spera, un giorno, di poter coronare il suo sogno e di vivere in terra ellenica.

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