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Italia pronta per Starbucks? La tradizione delle caffetterie italiane contro le multinazionali

Quali strategie Starbucks dovrebbe attuare per poter funzionare nel nostro paese?

2 minuti di lettura

La squadra di manager che gestisce la famosa catena americana Starbucks ha finalmente trovato un accordo: nel 2016 Starbucks dovrebbe aprire a Milano il suo primo store. Dopo anni di promesse e ripensamenti, la notizia di una possibile apertura, confermata da La Repubblica e dal Corriere della Sera, sembra essere veritiera e si parla di accordi entro Natale. Ma se i grandi magnati dei food&beverage italiani non si sentono minacciati, cosa ne pensano invece le storiche caffetterie italiane?

È a loro che Howard Schultz, uno dei manager più rappresentativi del brand statunitense, si è ispirato dopo un viaggio in Italia. Consapevole dell’impossibilità di competere sul suolo italiano, la multinazionale mette a punto nuove strategie per invadere il mercato del Paese nel quale chiunque è in grado di riconoscere un buon caffè e le caffetterie hanno un ruolo sociale ben definito.

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Certo non è facile il confronto con un’utenza dal palato fine e cresciuto con una vera e propria cultura del caffè. Siamo tradizionalisti. «Versare un espresso è un’arte che richiede che il barista si prenda cura della qualità della bevanda». Lo dice lo stesso Schultz, ma noi lo sapevamo anche prima che lo dicesse lui.
Cura e qualità. Queste sono le caratteristiche che istintivamente ci aspettiamo, soprattutto se abbiamo stabilito un rapporto di familiarità con il bar di fiducia, dove è sufficiente dire «Per me il solito». Starbucks si proporrà come il luogo di incontro o d’attesa che tutti sanno di poter trovare all’estero, una novità per l’Italia dove in quasi tutti i bar è impossibile fermarsi oltre i dieci minuti senza che venga chiesto «Desidera qualcos’altro?».

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Per questo motivo il magnate di Seattle ha rimandato così a lungo lo scontro inevitabile con il tradizionalismo italianoL’idea sarebbe quella di proporsi in Italia come luogo d’incontro: studio, riunioni, appuntamenti, tempo libero, quindi un’ampia fascia di utenza. Tutto questo con caffè internazionali, dal frappuccino all’americano, una connessione wireless potente e una comoda poltrona. Insomma, leggermente diverso dalle caffetterie a cui noi italiani siamo abituati.

I caffè letterari, altra tipologia di caffetterie italiane, esistono e sono sempre più apprezzati grazie alla presenza di libri selezionati e alle varie conferenze che vi si tengono. Ma rimangono comunque un ambiente di nicchia, riservato a intellettuali e amanti della cultura. Starbucks vuole trasmette un altro tipo di concetto e per questo motivo si proporrà come un luogo aperto, multifunzionale e moderno. Ovviamente è chiaro che in Italia queste abitudini possono prendere piede solamente in città come Milano: smart city, simbolo di nuove tecnologie e idee innovative.

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La necessità di luoghi d’incontro per appuntamenti e riunioni si fa sentire sempre più e la politica di Starbucks potrebbe rispondere a questa esigenza, soddisfacendo una Italia smart, giovane e con nuovi concept. Milano è proprio la candidata ideale per il lancio del brand: per questo motivo l’arrivo di Starbucks non dovrebbe essere sentito come una minaccia, ma come un segno che la città meneghina è finalmente pronta a essere considerata al pari delle altre metropoli. Starbucks come un’alternativa  in più sul mercato e non una concorrenza diretta ai nostri caffè tanto amati, i quali manterranno il loro ruolo e la loro identità grazie alla qualità del servizio e del prodotto.

di Rossana Casolino

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