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«O tu che, chino a terra, raccogli fiori, guardami mentre vengo rapita»

Una scultura che cattura passione e potere: ne «Il ratto di Proserpina», il Bernini eterna il mito nell'azione al culmine del pathos

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1 minuto di lettura

Il ratto di Proserpina è uno dei gruppi scultorei di Gian Lorenzo Bernini maggiormente conosciuti e amati: realizzato in marmo di Carrara tra il 1621 e il 1622 si trova oggi al centro della Sala degli Imperatori della Galleria Borghese a Roma.

Il ratto di Proserpina, 1621-1622, marmo di Carrara, Galleria Borghese

Il mito

[…] In questo bosco Proserpina
mentre gioca a raccogliere viole e candidi gigli,
e ne riempie con zelo fanciullesco le ceste e il seno,
e in ciò cerca di superare le sue campagne,
fu subito vista e amata e rapita
da Dite, tanto irruppe a precipizio l’amore […]

(OVIDIO, METAMORFOSI, VV. 390-396)

Così Ovidio racconta all’interno delle Metamorfosi il ratto: Proserpina fece innamorare follemente Plutone (Dite) a tal punto che fu rapita da quest’ultimo mentre si trovava sulle rive del lago di Pergusa, nelle vicinanze di Enna.

Cerere, dea delle messi e madre della giovane, convinse Giove a parlare col fratello. Quest’ultimo consentì a Proserpina di trascorrere sei mesi sulla terra con la madre.

La rappresentazione del ratto di Proserpina di Bernini

Il gruppo scultoreo venne commissionato nel 1621 a Bernini da Scipione Borghese, il quale poi regalò l’opera a Ludovico Ludovisi, cardinal nepote di Papa Gregorio XV.

Bernini rappresenta l’azione al culmine del pathos, nel momento esatto in cui Plutone afferra Proserpina sollevandola da terra: il possente dio guarda la giovane bramandola mentre la fanciulla cerca di allontanarlo con la bocca socchiusa in un grido inudibile.

Accecato dal desiderio, Plutone affonda la mano nelle tenere carni di Proserpina: Bernini si fa narratore di un racconto che si congela all’apice dell’azione, assemblando e fondendo i due corpi non per un esercizio manieristico ma per ricercare e mostrare la verità.

Il ratto di Proserpina, dettaglio

Tuttavia, l’opera risulta anche una grande innovazione dal punto di vista tecnico: non ci sono infatti precedenti per la realizzazione di una figura completamente sollevata dal basamento. Per riuscire ad equilibrare il gruppo scultoreo, Bernini dovette inserire la figura di Cerbero che regge il peso dei due protagonisti.

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Risulta fortemente virtuosistica anche la resa realistica del marmo, che mostra una morbidezza della carne tipica della pittura rubensiana e mai vista prima in scultura.

Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VIII e committente di Bernini, compose un distico moraleggiante in latino per giustificare il contenuto pagano del gruppo scultoreo, altrimenti difficilmente inseribile nella collezione di un cardinale:

«Quisquis humi pronus flores legis, inspice saevi me Ditis ad domum rapi»

«O tu che, chino a terra, raccogli fiori, guardami mentre vengo rapita verso la casa del crudele Dite»

Questa lettura moraleggiante del mito spiegherebbe anche perché il gruppo scultoreo sia stato donato a Ludovico Ludovisi: probabilmente Scipione Borghese voleva portare un avvertimento, di prestare attenzione a come si utilizza il proprio potere, per non rischiare di abusarne come fece Plutone nei confronti di Proserpina.

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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