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L’attacco al Ponte di Kerch e la ritorsione russa

L'attacco a Kerch è avvenuto lunedì 17 luglio. Il ponte connette il sud della Russia alla Crimea. Si contano due vittime e un ferito. E ora cosa succederà?

3 minuti di lettura

È avvenuto durante le primissime ore di lunedì 17 luglio un attacco al Ponte di Kerch, che connette il sud della Russia alla Crimea occupata e che funge da via fondamentale per i rifornimenti diretti alle truppe russe che occupano i territori dell’Ucraina meridionale. Si contano due vittime e un ferito, che secondo fonti russe non sarebbe in condizioni gravi.

Secondo il Cremlino, l’attacco al ponte di Kerch è stato provocato da droni subacquei ucraini. Il governo ucraino non ha formalmente rivendicato l’attacco, ma delle fonti che fanno parte degli apparati militari ucraini hanno confermato, sotto anonimato, a media come CNN e BBC che l’operazione sia stata organizzata dalle forze ucraine. Media ucraini tra cui NBC Ukraine e Ukrainska Pravda sostengono che l’operazione sia stata eseguita dai Servizi di Sicurezza e dalla marina militare del loro paese. La Russia ha anche accusato gli apparati di intelligence occidentali, in particolare del Regno Unito, di aver supportato quello che Vladimir Putin definisce un «attacco terroristico» ai danni della popolazione russa, non ci sono però prove a sostegno di questa tesi.

In quest’ultimo recente attacco a Kerch, riferiscono le autorità russe, ad essere danneggiati sono state le campate del ponte, mentre i pilastri sono rimasti intatti, quindi i lavori di sistemazione dovrebbero prolungarsi solo fino al 1 novembre 2023. Attualmente i turisti russi che in questi giorni erano in vacanza in Crimea, una meta balneare molto gettonata nel paese occupante, e che erano prossimi a fare ritorno dalle vacanze sono stati dirottati nei territori occupati dalla Russia durante quest’anno di guerra nel sud dell’Ucraina.

Ponte di Kerch: snodo strategico e valore simbolico

Quello di lunedì 17 luglio è il secondo attacco al ponte di Kerch dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il ponte rappresenta uno dei simboli delle aspirazioni russe a controllare il paese invaso. I lavori per la costruzione sono cominciati dopo l’invasione e annessione della Crimea nel 2014 e terminati nel 2018, garantendo una via di comunicazione stradale tra Russia e Crimea ancora più importante da quando, in corrispondenza dell’invasione a febbraio 2022, i voli civili tra questi due territori sono stati sospesi. Il ponte è percepito e presentato da Vladimir Putin come il simbolo del suo progetto imperialista, non a caso la sua apertura nel 2018 era stata inaugurata dal presidente russo proprio percorrendo in prima persona, su un autocarro, quel tratto stradale per simboleggiare le rivendicazioni russe sulla penisola.

Ritorsione russa: bombardamenti e stop all’accordo sul grano

L’esercito russo ha risposto, ventiquattro ore dopo l’esplosione di lunedì al ponte, con un’ondata di bombardamenti su Odessa, cominciati attorno alle due del mattino del 18 luglio. Il porto di Odessa, che costituisce uno snodo fondamentale per il commercio ucraino, è preso di mira dagli attacchi russi dall’inizio dell’invasione ed è stato un target anche durante la campagna di bombardamenti su larga scala effettuata dalle forze russe nell’inverno 2022, che aveva l’obiettivo di distruggere le infrastrutture vitali del paese invaso.

All’indomani dell’attacco, un’altra decisione che sembra far parte della ritorsione russa ha visto l’Orso annunciare l’intenzione di non rinnovare l’accordo sul grano, definito dal portavoce del Cremlino Dmitrji Peskov come «Scaduto di fatto il 17 luglio». L’accordo, entrato in vigore il 21 luglio 2022 e ripetutamente rinnovato nel corso dell’ultimo anno, era stato mediato dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e prevedeva garanzie di sicurezza per le navi che dai porti ucraini di Odessa, Chornomorsk e Yuzhny/Pivdennyi trasportavano attraverso il Mar Nero il grano da esportare principalmente in Africa e in Medio Oriente. Nell’arco di durata della sua validità, cioè nell’ultimo anno,  la Black Sea Grain Initiative ha permesso l’esportazione di 33 milioni di tonnellate di grano e l’ONU sostiene che esso abbia contribuito a far abbassare i prezzi dei generi alimentari del 23% rispetto a marzo 2022.

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Antonio Guterres ha commentato così la decisione russa:

Rimpiango profondamente la decisione russa di porre fine all’implementazione della Black Sea Grain Initiative, che è stata un’ancora di salvezza per la sicurezza alimentare globale in un mondo turbolento. Centinaia di milioni di persone che affrontano fame e consumatori che sono alle prese con una crisi globale del costo della vita ne pagheranno il prezzo.

L’accordo era stato infatti accolto e applaudito come una misura importante per evitare un brusco peggioramento delle condizioni di sicurezza alimentare nei paesi che comprano l’export del grande granaio d’Europa. Ad oggi, il rincaro dei prezzi dei generi alimentari sul mercato in questi paesi si è iniziato a prospettare già poche ore dopo l’annuncio di Peskov.

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Francesca Campanini

Classe 1999. Bresciana di nascita e padovana d'adozione. Tra la passione per la filosofia da un lato e quella per la politica internazionale dall'altro, ci infilo in mezzo, quando si può, l'aspirazione a viaggiare e a non stare ferma mai.

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