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Postporno, corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali 

In «Postporno», Valentine aka Fluida Wolf si interroga su quale possa essere e se possa essere realizzabile un nuovo immaginario sessuale, fuori dagli schemi tradizionali del porno maschilista.

4 minuti di lettura

Partiamo proprio da qui, da Postporno, il titolo pedissequo del testo di Valentine aka Fluida Wolf, autrice dalla penna lucida e scorrevole.

Il testo, agilissimo in edizione pocket per Edizioni Eris, si interroga su quale possa essere e se possa essere realizzabile un nuovo immaginario sessuale, ma soprattutto legato al porno, fuori dagli schemi tradizionalmente addotti ad esso. 

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Come nasce un interesse postporno 

L’autrice introduce il discorso partendo dalla propria esperienza personale. Ancora adolescente avverte fin da subito il richiamo verso un mondo tanto complesso e ricco di contraddizioni. Il porno e l’immaginario ad esso legato, infatti, sono un riferimento esplicito alle ragioni del patriarcato. 

Nel porno tradizionale, la donna pertanto è soggiogata completamente alla volontà e al piacere maschile. 

La donna non è contemplata come soggetto di desiderio, ma unicamente come oggetto di desiderio. 

Non presenta, quindi, una propria identità, ma la sua persona viene definita solo e unicamente in base all’uomo e alla mascolinità, ovviamente bianca, occidentale, eterosessuale. 

Tutti i soggetti che non rientrano in quell’idea di mascolinità vengono emarginati: le donne in primis, ma anche corpi “non conformi”, come i corpi grassi, deformi, trans, in ogni caso lontani dalla normatività del patriarcato. 

Per questo il discorso sul porno risulta sempre unilaterale e volgare. 

Facendo ricorso ad un termine caro a Carmelo Bene, in questo contesto il porno non è ciò che dovrebbe essere, ovvero o-sceno, fuori dalla scena, bensì normato come un qualsiasi prodotto del capitalismo occidocentrico e maschilista. 

Di seguito a ciò il discorso sul porno diventa volgare, perché ripetitivo e sempre uguale, stabilito in canoni già predetti da quello che in realtà è uno stretto numero di persone: i maschi eterosessuali bianchi. 

Ma un incontro sconvolge completamente l’adolescenza di Valentine: in una puntata del Maurizio Costanzo Show la nostra autrice scopre Ovidie

Così descrive quella memoria: 

Prima di allora non avevo mai sentito parlare di “porno” in quella maniera. (…) c’era fierezza, determinazione, lucidità e sostanza. Era desiderio di rivendicazione.

p.7 

Parlare di porno in maniera “differente” dalla norma è, dunque, possibile. È così che una scostante adolescente dell’inizio del nuovo millennio si trasforma in un’attivista postporno transfemminista. 

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Come inizia il Postporno 

Il Postporno si presenta come fenomeno fluido, che sfugge a categorizzazioni e definizioni univoche, e non vuole presentarsi come “movimento”. 

p. 22

Il Postporno secondo Valentine aka Fluida Wolf, dunque, è un fenomeno che non è circoscrivibile in canoni ben precisati, proprio perché il suo obiettivo è fuggire quei canoni e ogni definizione netta, che taglia fuori soggetti che non corrisponderebbero a determinate caratteristiche. 

Come ricorda l’autrice, «il termine fu coniato del 1990 dall’artista olandese Annie Sprinkle: Post Porn Modernist.» (p.23) 

Infatti, come continua Valentine

L’intento dichiarato dalla postpornografia è insomma quello di smascherare i codici della pornografia convenzional, maschilista, razzista e abilista (che discrimina le persone con disabilità) e sovvertirla, sessualizzando lo spazio pubblico, dando voce a dignità sessuale a tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati e umiliati da essa. 

p.25

Il porno convenzionale entra nella sfera pubblica, come dice la stessa Valentine, con la pubblicazione di Playboy a partire dal 1953. È grazie a questa rivista, di fama internazionale, che emerge l’immaginario porno machista che ancora oggi ci condiziona e che conosciamo alla perfezione. 

Playboy fu il volano diffusore dell’idea di una donna esteticamente ineccepibile, con un corpo modellato, depilato, magro. Gli uomini potevano essere anche in sovrappeso o avanti con l’età; a una donna tutto questo, ovviamente, non era consentito. 

Per non parlare poi degli omosessuali, dei transessuali, dei disabili e delle donne non bianche, non magre: per tutti loro non c’erano ovviamente spazi di significazione, se non quelli ai margini. 

Il Postporno parte proprio da quei margini dando respiro e luce a tutti quei soggetti dimenticati e nascosti. 

Il rischio, infatti, di fornire un unico immaginario sessuale possibile è quello che la coscienza collettiva cristallizzi modelli per i più totalmente inarrivabili, generando così fenomeni di odio sociale o di frustrazione generalizzata. 

Purtroppo, come raccontava Judith Butler nel suo testo Corpi che contano. I limiti discorsivi sul sesso (Feltrinelli 1996), non tutti i corpi hanno lo stesso “peso” all’interno di una società. Ci sono corpi che contano, soggetti agenti di desiderio, protagonisti delle dinamiche politiche e culturali. 

Per tutti gli altri, invece, è previsto l’oblio: ma è proprio da lì che parte il Postporno.

Le evoluzioni del Postporno

Siamo agli inizi degli anni 2000 e in Spagna il Postporno inizia a prendere piede con studiosi e studiose come Paul B. Preciado e Annie Sprinkle

Come racconta Valentine, tra il 2007 e il 2015 a Barcellona si tenne ogni anno il Festival Muestra Marrana. Renueva tu imaginario Pornografico.

Per qualche giorno esisteva solo la libertà di poter essere se stessi e al contempo ritrovarsi in una sorta di comunità, (…). Era il ritrovo dei corpi grassi e desideranti, (…), il luogo in cui poter stracciare tutte le etichette di genere e crearne delle nuove, la celebrazione della freakness.

pp. 32-33 

L’autrice si ritrova all’interno di un’esperienza unica, in cui soggetti con corpi deformi perché non conformi erano finalmente al centro della scena e avevano la possibilità di poter occupare uno spazio completamente nuovo, in cui mettere in condivisione ogni esperienza e nuovi punti di vista.

Un nuovo confine del piacere

Mentre il porno tradizionale ci ha abituati a intendere il piacere come unicamente legato all’atto della penetrazione e unilaterale nei confronti dell’uomo, il Postporno dà voce agli oppressi. 

L’intento è quello di dar vita a una collaborazione decolonialista, porca, Postporno e terrorista che si manifesta attraverso una rete collettiva che compie azioni urbane, dirette, radicali, non-consensuali, contro simboli di autorità e istituzioni, utilizzando come arma esecutrice il corpo, il sesso e la sua potenza. 

p.50 

Il porno ha un potere politico nel mondo occidentale machocentrico e coloniale; questo risulta abbastanza ovvio. 

Ed è così che il Postporno si pone come una valida alternativa a tutto questo, invadendo gli spazi pubblici da sempre unicamente appannaggio del porno, stabilendo nuovi confini del piacere e nuove evoluzioni. 

Il Postporno ricopre anche un ruolo etico, nella misura in cui risulta altamente inclusivo nei confronti di tutti i soggetti storicamente estromessi dalla narrazione tradizionale.

Come augura l’autrice in chiusura del saggio, dovremmo imparare a disimparare tutto ciò che la società ci ha imposto, per procedere verso nuovi orizzonti, smettendo di temere il diverso, perché quel “diverso” è esattamente dentro di noi. 

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Anto D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e social media manager.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.
Tanti fiori, cioccolato e caffè.

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