Quante volte ci siamo sentiti sbagliati? Quante volte ci siamo sentiti a disagio per ciò che viviamo, per ciò che pensiamo o, ancora peggio, per quello che siamo? Ci si sente sbagliati e lontani da quello che è universalmente e socialmente considerato come “giusto”.
Ma se ci fosse un modo per consentire a tutti e tutte di ricevere gratuitamente un sostegno psicologico? Un servizio capillare che faccia parte del Sistema Sanitario Nazionale e dell’insieme delle prestazioni di base da garantire ad ogni beneficiario.
Il periodo pandemico, con le chiusure e il necessario distaccamento fisico, ha influito pesantemente sulla salute mentale di tutti noi, ancora di più per chi è giovane o vive situazioni di precarietà e disagio economico e sociale.
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La figura dello psicologo serve nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro, ma, più in generale, serve alla società nel suo insieme superando i limiti dovuti ai costi di un servizio reputato non essenziale e allo stigma di ricorrere a forme di aiuto psicologico.
Cosa si è fatto finora?
Da parte di tutti gli schieramenti politici si è giunti a una certa consapevolezza della necessità di occuparsi della salute mentale anche alla luce dell’aggravarsi della situazione. I suicidi fanno rumore, ma a quelli si aggiunge una sofferenza silenziosa.
Il problema è adesso passare dalle parole ai fatti, da proposte buttate lì con scarse speranze di discussione, a proposte che si trasformino in sistemi concreti in cui ogni singolo paziente può accedere a un servizio di sostegno psicologico nei luoghi di studio e di lavoro, ma anche e soprattutto accedendo a un elenco di professionisti accreditati e inseriti negli elenchi delle Aziende Sanitarie Locali.
Se si guarda al di fuori dai confini italiani, sono diversi gli Stati europei che inseriscono forme di sostegno psicologico nel sistema di assistenza primaria. Tra questi, Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Svezia.
Guardando all’interno dei confini nazionali, sono pochi i casi in cui si è introdotta nel sistema sanitario regionale la figura dello psicologo di base. La Campania è stata apripista e a seguire la Toscana. Altre delibere su questo tema sono state approvate da Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Veneto. Per il resto, in quasi tutte le altre regioni sono presenti proposte bipartisan sulla figura dello psicologo di base, ma la strada per la realizzazione sembra ancora lunga. Tra queste, il caso siciliano in cui vengono presentate insieme la proposta di introduzione della figura dello psicologo di base e la proposta di creazione di un sistema che garantisca nelle scuole la presenza della figura dello psicologo scolastico che prenda in carico casi più difficili e che intervenga sull’intera popolazione scolastica con attività di prevenzione e di gestione del disagio psicologico, intervenendo anche sul crescente problema di burnout diffusosi tra chi nella scuola ci lavora, gli insegnanti.
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Ad oggi, manca una legge quadro nazionale che consenta di uniformare i sistemi in essere e dia linee guida chiare per l’introduzione di queste figure nelle regioni in cui sono assenti.
Andiamo con ordine, semplifichiamo
Analizzando le proposte in campo, si trovano caratteristiche simili.
Il problema è ben chiaro. Ci si è resi conto che c’è un problema e che questo problema non riguarda solo una nicchia di persone, ma tutti e tutte, senza distinzione di età, livello di scolarizzazione o possibilità economiche. Finora si è erroneamente catalogata la necessità di un supporto psicologico come un problema “da ricchi”. Parlando di questo tema, alcuni risponderanno che «se uno deve dare da mangiare ai figli e si spacca la schiena dalla mattina alla sera, non ha tempo di pensare ai problemi psicologici». Ecco l’errore.
Tra i punti in comune, il riconoscimento della figura dello psicologo di base per la quale è necessario l’inserimento in un sistema che avvicini la figura dello psicologo a quella dei medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta. Tale azione si lega anche alla creazione di appositi albi nelle Aziende Sanitarie Locali che siano accessibili ai medici di medicina generale e ai pediatri che possono segnalare pazienti che hanno bisogno di cure e, allo stesso tempo, siano fruibili ai pazienti che possono scegliere il proprio psicologo di base, con gli stessi metodi con cui si sceglie il proprio medico di base o il pediatra dei propri figli.
A questo si aggiunge un necessario lavoro culturale, politico e istituzionale volto a eliminare lo stigma che diventa in molti casi vergogna di dire che si va dallo psicologo. Tanti gli appelli in questo senso da parte di associazioni e di personaggi noti, ma serve fare un passo in più. Serve che la gente si senta al sicuro e a proprio agio.
Di pochi giorni fa l’apertura del ministro della Salute Orazio Schillaci. Afferma di voler fare chiarezza e di voler procedere con un approfondimento tecnico sul tema.
Sicuramente servono fondi e una struttura solida che garantisca un servizio uniforme in ogni angolo del Paese, ma la domanda sorge spontanea. Se siete tutti d’accordo, destra, sinistra, centro, perché non lo fate? Perché, per una volta, non mettete da parte diversità e stupide politicizzazioni per dedicarvi ai bisogni di chi abita nel nostro Paese?
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