Le periferie esistono da quando esiste il centro. E il centro esiste da quando c’è organizzazione gerarchica nella specie umana che si colloca sotto a un capo, a una figura religiosa, a un oggetto da venerare; il gioco è semplice: più si è vicini a quel centro, più si è potenti. Ne deriva la logica conclusione che, allontanandosi da esso, il potere e la capacità di incidere sulla direzione da imprimere alla propria comunità diminuiscano. Quindi possiamo dire anche che la periferia, storicamente, è quell’area delle società umane dedicata a chi è subordinato ad altri. Solo negli ultimi decenni i fenomeni massicci di gentrification e di riqualificazioni urbane più o meno riuscite hanno portato ad alcune inversioni di tendenza, per cui la situazione non può essere più considerata così schematica. Tali questioni simboliche non possono essere tenute in secondo piano. Fondamentali studi sull’organizzazione della vita urbana, spesso con finalità pratiche come ricucire tessuti sociali totalmente sfilacciati, sono emersi proprio dalle riflessioni antropologiche, sociologiche e culturali.
La parola periferia deriva dal greco antico “periphero”, porto intorno, lungo un perimetro. Proprio con la nascita di nuovi perimetri, circonferenza dopo circonferenza, i centri abitati si allargano da quando l’umanità è diventata sedentaria.
Immaginiamo una delle prime città della storia, la mitica Çatal Höyük, intorno al 6000 a.C., e di essere uno dei suoi 10.000 abitanti. Se la nostra famiglia vive qui da generazioni, magari dalla fondazione del villaggio, la nostra casa a due locali sarà molto vicina al centro, più protetta, considerata più importante, più vicina ai luoghi di ritrovo. I nuovi arrivati ci rispetteranno per il solo fatto di essere qui da più tempo di loro – e a nostra volta potremmo guardarli dall’alto in basso, almeno finché non avranno accumulato un certo numero di generazioni come abitanti. All’esterno del nucleo centrale del villaggio, a Çatal Höyük come in tutti gli altri abitati che stavano sorgendo negli stessi millenni in tutta la mezzaluna fertile, avremmo trovato tanti cerchi concentrici quante erano le ondate di migrazioni verso il villaggio. I nuovi arrivati costruivano la loro casa là dove c’era spazio, ai margini dell’abitato, e da lì si cominciavano a costruire i rapporti sociali.
Anche facendo balzi in avanti di millenni, dalle polis greche alle città romane, ai villaggi e alle città sparse su tutta la superficie terrestre, il criterio non cambia. Nel Medioevo le mura diventarono una delle caratteristiche più tipiche della città e non servivano solo a scopi protettivi; erano anche una netta linea di demarcazione (di nuovo: un perimetro) tra chi stava dentro e chi fuori. Non di rado, spesso nel contesto italiano, aver vissuto o meno all’interno delle mura cittadine per una certa quantità di tempo era uno dei principali criteri per ottenere la cittadinanza. Quelli da percorrere in periferia erano i primi passi per appartenere a una comunità urbana. Mentre addossate all’esterno delle mura avremmo visto decine e decine di catapecchie popolate da persone che vi rientravano solo per dormire e passavano la loro giornata lavorativa in città o nelle campagne circostanti. Dopo decenni o …