Spesso si parla di educazione civica e del fatto che una società migliore passi attraverso la formazione. La società, però, può progredire solo attraverso buoni esempi. Cosa succede quando i modelli sono distopici e viene promosso un sistema in cui l’educazione civica rischia di diventare maleducazione civica? Meglio essere furbi o rispettare le regole? Meglio promuovere un modello di lavoro basato sulla dignità e sulla giusta retribuzione o su un mercato che si autoregola con tutte le storture che può avere il nostro Paese? Meglio la progressiva digitalizzazione della moneta o il caro vecchio contante?
In teoria, è necessario definire modelli virtuosi che siano promossi attraverso la legislazione e i vari provvedimenti messi in atto dal governo. È una questione di scelte e di politiche da mettere in campo per il futuro del nostro Paese, per evitare una maleducazione civica già dilagante.
Negli ultimi giorni, due temi hanno canalizzato la concentrazione di analisti e commentatori: il lavoro e l’utilizzo del contante.
Tra lavoro e dignità
Le prime bozze di Legge di bilancio pongono alcuni temi su cui riflettere. Primo tra questi, l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza da gennaio 2024. Nello specifico, il RdC continuerà ad essere erogato a chi non può effettivamente essere reinserito nel mondo del lavoro. Tra questi, chi è affetto da patologie invalidanti e i caregiver. Per il resto dei percettori, poco più di 650.000 tra soggetti rientranti nella categoria della disoccupazione e del lavoro povero, il RdC verrà erogato per otto mensilità e poi sospeso. Inoltre, non avranno più diritto al sussidio coloro che rifiuteranno anche una sola proposta di lavoro.
Quindi, per farla breve, puoi lavorare? Bene, vai a lavorare anche se ti offrono forme di lavoro povero, lavori sottopagati o forme di sfruttamento più o meno velato. Se abiti in determinate aree del Paese, dove il lavoro manca, sono fatti tuoi e un pochino è anche colpa tua.
Come se non bastasse, vengono reinseriti i Voucher, forma di pagamento accantonata da anni che permette di pagare lavoro non continuativo o stagionale, pur prestandosi a numerose storture.
Ci sarebbe una soluzione al lavoro povero, allo sfruttamento e a forme di lavoro non dignitoso. Si chiama Salario minimo e consentirebbe di evitare la dicotomia, che tanto piace alle destre di governo, dell’opposizione tra RdC-Lavoro con la storia dei fannulloni che prendono il reddito e stanno sul divano invece di andare a farsi sfruttare col sorriso. Ma la proposta di salario minimo a 9,50 euro orari presentata dal Partito Democratico e sostenuto dalle altre forze progressiste è stata bocciata a causa del voto contrario delle forze di maggioranza e dell’astensione del terzo polo.
Le soluzioni ci sarebbero. O manca la volontà o non si ha interesse a risolvere il problema. Vengono tutelate determinate categorie a scapito di altre in un fenomeno che più che lotta alla povertà sembra una vera e propria lotta ai poveri.
Cashless, ma anche meno
Altro tema caldo del momento è l’aumento dei limiti per l’utilizzo dei contanti. Da un lato possono essere effettuati pagamenti in contanti fino a 5000 euro, dall’altro, viene alzato a 60 euro (poi abbassato a 40 euro) il limite al di sotto del quale un esercente può rifiutarsi di far pagare l’avventore tramite moneta digitale.
Per alcuni si chiama libertà di fare ciò che si vuole dei propri soldi, per molti è un portone spalancato per la micro e la maxi evasione.
Tra l’altro, si vanificano i risultati ottenuti negli scorsi anni che hanno visto il Paese muoversi verso una progressiva digitalizzazione della moneta in linea con l’indirizzo europeo che vede Paesi come la Danimarca, Svezia e Finlandia come esempi virtuosi in questo senso. In Italia, oltre alla progressiva digitalizzazione dovuta al progresso tecnologico, hanno avuto un ruolo fondamentale politiche come il Cashback o anche il Reddito di Cittadinanza erogato tramite moneta digitale.
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L’Italia, però, resta un Paese fortemente dipendente dal cash essendo nel 2022 al 29esimo posto al mondo per incidenza del contante sull’economia. Pur aumentando l’utilizzo di sistemi di pagamento digitali, l’Italia è in fondo alla classifica dei Paesi europei per numero di transazioni cashless pro capite come specificato dal rapporto della Community Cashless Society 2022 di The European House – Ambrosetti.
Facendo riferimento alla realtà dell’UE, il Cashless Society Index del 2022, strumento di monitoraggio della situazione dei pagamenti elettronici procedendo ad un’analisi comparata tra gli Stati membri dell’Unione Europea, l‘Italia ha perso due posizioni trovandosi oggi al 24° posto (posizionamento più basso del 2016 – anno di inizio del monitoraggio).
L’obiettivo indicato dall’UE sarebbe la progressiva digitalizzazione della moneta, consentendo maggiori controlli che evitino evasione, corruzione e traffici illeciti che in un Paese come il nostro fanno prosperare anche le mafie e la criminalità organizzata.
Basta scegliere da che parte stare e capire se si vuole porre un freno a questo limpido esempio di maleducazione civica.
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