Il 13 marzo 1988 il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Michail Gorbačëv, era assente dalla capitale per impegni amministrativi. Il suo più fedele collaboratore, Aleksandr Jakovlev, era invece malato. All’opposizione si apriva una strada spianata in discesa – e il giornale moscovita Sovetskaja Rossija lo sapeva bene. La pubblicazione dell’articolo Non posso transigere sui miei principi, in cui si dubitava delle riforme della perestrojka e si proponeva una rilettura del passato, scatenò un caso mediatico. L’autrice era Nina Andreeva, un’agguerrita professoressa di Leningrado, pronta per una battaglia ideologica contro Gorbačëv e la perestrojka stessa.
Riflettere sulla storia
Prima di entrare nel fulcro dell’articolo di Nina Andreeva, è bene ricordare la situazione in Russia, dove secoli di oscurantismo e passatismo avevano preparato un terreno fertile per il culto della personalità di Stalin. Con l’avvento della glasnost’, si iniziò a riflettere sul valore della storia e sull’affidabilità delle fonti, che mostravano un carattere essenzialmente unilaterale. Accanto all’orgoglio per le gesta eroiche della Grande Guerra Patriottica, si profilava sempre più una vergogna viscerale del proprio passato, inquinato dalla connivenza davanti a stragi come le grandi purghe, o le fucilazioni della Čeka. Durante la perestrojka fiorirono così numerosi dibattiti sull’origine dello stalinismo e ognuno tentò di darne la propria spiegazione: per alcuni era da ricercarsi nell’indottrinamento intensivo del popolo, mai abituato alla democrazia; per altri, si trattava di un traviamento da parte di Stalin del progetto leninista, che era fondamentalmente giusto. In molti si chiedevano addirittura se quello avviato da Stalin fosse vero socialismo, o un suo fantoccio.
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Chi era Nina Andreeva?
In questo contesto fece il suo ingresso in scena Nina Aleksandrovna Andreeva, professoressa di chimica all’istituto tecnologico di Leningrado. Nata da una famiglia operaia nel 1938, lo stesso anno del famigerato “processo dei ventuno”, dove sostenitori del Partito quali Nikolaj Bucharin, Genrich Jagoda e Aleksej Rykov vennero fucilati per la loro “devianza”, Nina Andreeva sviluppò un solido credo sovietico. Terminò gli studi superiori con il massimo dei voti e, nel 1966, divenne membro del Partito comunista dell’Unione Sovietica. Ottenne un posto come insegnante di chimica nello stesso istituto che l’aveva formata, ma l’ascesa al potere di Gorbačëv minacciava di distruggere tutto ciò in cui aveva creduto. Era la condanna al regime stalinista che, per la Andreeva, risuonava in tutta la sua sacrilega falsità. In difesa di quegli anni che ricordava come duri ma necessari, decise di stilare un testo inoppugnabile, che avrebbe una volta per tutte messo in chiaro il ruolo fondamentale di Stalin nella costruzione del socialismo.
«Non posso transigere sui miei principi»
L’articolo che condensa il pensiero politico si Nina Andreeva, e la cui pubblicazione suscitò enorme scalpore, era intitolato Non posso transigere sui miei principi. Fu stampato il 13 marzo 1988 sulle pagine del giornale Sovetskaja Rossija, che tuttavia aveva accettato il testo solo dopo avere suggerito un accorciamento e l’inserimento di un riconoscimento delle repressioni degli anni Trenta. La Andreeva cominciava così la sua invettiva ragionando sul disorientamento ideologico che percepiva tra gli alunni. «Non sorprende» scriveva, «che alcuni studenti stiano diventando sempre più nichilisti, confusi nelle idee, con punti politici di riferimento diversi o addirittura ideologicamente onnivori»: il paese che aveva posto il seme del socialismo si era ora messo in combutta con paesi che il socialismo volevano sradicarlo per sempre. Questi «falsificatori della storia» che guidavano il paese portavano avanti una campagna di denigrazione contro Stalin e Hitler che, secondo la Andreeva, era pressoché inutile: a che pro contare i loro sostenitori nei vari «gruppi sociali»?
L’ambiguità verso Stalin
Uno dei passi chiave dell’articolo è la discussione circa il ruolo di Stalin nella storia dell’URSS. «L’industrializzazione, la collettivizzazione e la rivoluzione culturale, che hanno reso il nostro Paese una delle grandi potenze mondiali, sono state forzatamente compresse nella formula del “culto della personalità”» sosteneva la Andreeva, che rilevava uno scompenso tra l’opinione estera e i sentimenti dei suoi connazionali. Metteva le mani avanti ricordando con indignazione le purghe degli anni Trenta – come abbiamo già detto, il giornale la costrinse a farlo – ma concludeva: «Il mio buon senso si oppone fortemente alla colorazione monocromatica di eventi controversi che ha iniziato a dominare in alcuni mass media». Non bisognava limitarsi, dunque, a una visione semplicistica degli eventi; era importante riconoscere il ruolo dei «pionieri» del socialismo. Alla fine, Non posso transigere sui miei principi, dietro tutte le sue circonvoluzioni, era un’apologia al terrore.
Le conseguenze dell’articolo di Nina Andreeva
Il 5 aprile 1988, qualche settimana dopo l’uscita dell’articolo-bomba su Sovetskaja Rossija, la Pravda pubblicò una risposta anonima, con molta probabilità vergata da Jakovlev. Il contrattacco fu severo e non usò mezze parole: è difficile liberarsi da vecchi preconcetti, si diceva, ma il culto della personalità non era inevitabile. Le tesi di Nina Andreeva avevano diritto di esistere, ma il «rifiuto dell’idea stessa di rinnovamento» alla loro base era retrogrado. Alla sottovalutazione o, peggio, alla giustificazione della dittatura staliniana si replicava così:
Di tanto in tanto si sentono voci che dicono che Stalin non sapeva degli atti di illegalità. Non solo lo sapeva, ma li organizzava, li orchestrava. Oggi questo è un fatto provato. La colpa di Stalin e della sua cerchia ristretta di fronte al partito e al popolo per la repressione di massa e le illegalità consentite è enorme e imperdonabile.
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Quel nichilismo imperante tra i giovani, che la stessa Andreeva affermava di aver percepito tra i suoi alunni, non era altro che la diretta conseguenza di ciò che lei lodava e rimpiangeva. Commentava Jakovlev:
Le attuali “distorsioni” nella mente dei giovani sono sintomi di una malattia che non è nata oggi. Le sue radici affondano nel passato. È la conseguenza della dieta spirituale con cui abbiamo tenuto i giovani per decenni, la discrepanza tra ciò che è stato proclamato dalle tribune e ciò che è accaduto nella vita quotidiana.
La fragilità della perestrojka e della glasnost’
Nonostante la lucida controffensiva, l’affare Nina Andreeva si rivelò essere una delle tante crepe che sconquassarono la perestrojka. Quel temporaneo vuoto governativo di Gorbačëv e Jakovlev permise di aprire una voragine che mostrava tutta la fragilità del sistema – e ci ricorda anche il tentato colpo di stato intrapreso da Boris El’cin nell’agosto del 1991, quando il presidente era in vacanza in Crimea. Da quel momento in poi, l’URSS avrebbe presto cessato di esistere.
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Fonti:
Per la parte storica: Storia della Russia nel Novecento, Nicolas Werth, Il Mulino, 2000
Per il testo degli articoli (nostra traduzione dal russo): Andreeva e Jakovlev