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Quali sono i quadri più politici della storia dell’arte?

Sempre più spesso gli artisti prendono posizione nel dibattito politico. Ma l'"artivismo" non è una novità recente: da Goya a Pablo Picasso, sono molti i pittori che hanno raccontato gli avvenimenti politici del loro tempo.

4 minuti di lettura

Nel corso dell’ultima campagna elettorale diversi artisti hanno preso posizione, sottolineando la centralità della cultura nel dibattito politico. A riprova del rapporto sempre più stretto tra arte e società è entrato nel lessico corrente il neologismo “artivismo“, termine nato nel contesto della street art messicana degli anni Novanta per indicare la tendenza dell’arte contemporanea a intervenire sulle grandi questioni del nostro tempo, dal cambiamento climatico alle migrazioni, facendosi portavoce di istanze di uguaglianza e giustizia sociale e ambientale e mettendo al centro della narrazione culturale realtà da sempre marginalizzate. Dalla street art di Banksy alle riflessioni sulla natura di Olafur Eliasson, passando per l’artista cinese Ai Weiwei, icona dell’attivismo globale, la linea di demarcazione tra arte e questioni sociali e politiche è sempre meno netta.

Sebbene in maniera meno diffusa e capillare, anche nel passato gli artisti sono scesi in campo per far sentire la loro voce, realizzando opere d’arte che si sono rivelate capaci di trascendere l’evento storico che le ha generate, divenendo veri e propri manifesti politici e sociali che, a distanza di secoli, riescono ancora a trasmettere il loro messaggio. Da Giuseppe Pellizza da Volpedo a Pablo Picasso, vediamo alcuni tra i quadri più politici della storia culturale occidentale.

«Il 3 maggio 1808» di Francisco Goya (1814)

Il pittore spagnolo Francisco Goya rappresenta con crudo realismo un’esecuzione di patrioti spagnoli ad opera delle truppe napoleoniche, denunciando le violenze perpetrate ai danni della popolazione durante l’occupazione francese nel contesto della guerra d’indipendenza spagnola. Nell’opera si fronteggiano due schieramenti, quello dei condannati, alcuni dei quali si accasciano sul terreno, già cadaveri, e quello del plotone d’esecuzione, avvolto nell’ombra e mostrato di spalle, privo di individualità in quanto parte di una spietata e spersonalizzante macchina della morte che obbedisce acriticamente agli ordini. Di grande tragicità e impatto visivo la figura dalle braccia alzate in calzoni gialli e camicia bianca, probabilmente un bracciante, il cui volto dai tratti ispanici riflette emozioni contrastanti, dall’incredulità alla rabbia. Goya descrisse in questi termini la tela: «Sento forte il desiderio di perpetuare, per mezzo dei miei pennelli, le azioni e le scene più eroiche e notevoli della nostra gloriosa insurrezione contro il tiranno d’Europa».

Francisco Goya, Il 3 maggio 1808,1814, olio su tela, 268 x 347 cm, Museo del Prado, Madrid.
Fonte: Wikipedia.org. Pubblico dominio.

«La libertà che guida il popolo» di Eugène Delacroix (1830)

La grande tela esposta al Louvre è stata definita dallo storico dell’arte Giulio Carlo Argan «il primo quadro politico della storia moderna». La tela, infatti, si discosta dalle rappresentazioni allegoriche di quegli anni, raffigurando un evento storico reale: i moti antiborbonici che nel luglio del 1830 portarono alle cosiddette Tre gloriose giornate, caratterizzate dalla mobilitazione del popolo francese contro il re di Francia Carlo X di Borbone e la sua politica clerical-reazionaria. Eugène Delacroix rappresenta tutte le classi sociali, dal popolo alla borghesia, guidate da una donna dal seno scoperto che brandisce un tricolore, personificazione della Libertà e dei valori di eguaglianza ispiratori della Rivoluzione francese. Tra i rivoltosi la critica ha individuato l’autoritratto di Delacroix nell’intellettuale con il fucile e il cilindro, a simboleggiare l’impegno dell’artista a prendere parte attivamente al processo rivoluzionario.

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L’opera ebbe un grandissimo impatto culturale, al punto che il personaggio del bambino che precede la Libertà potrebbe aver ispirato, trent’anni dopo, il personaggio di Gavroche nel capolavoro di Victor Hugo, Les Misérables.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830,olio su tela, 260 x 325 cm, Museo del Louvre, Parigi. Fonte: Wikipedia.org. Pubblico dominio.

«Il quarto stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901)

Esposto alla Galleria di Arte Moderna di Milano, Il quarto stato illustra la marcia dignitosa e fiera dei lavoratori e delle lavoratrici per rivendicare maggiori diritti e un salario adeguato. A guidare l’umanità in marcia tre figure di spicco: un uomo anziano, un giovane e una giovane donna con un neonato in braccio, abbigliati con semplicità e decoro. Il titolo dell’opera, in origine Cammino dei lavoratori, allude all’espressione utilizzata per la prima volta durante la Rivoluzione francese per indicare i ceti sociali subalterni, in contrapposizione alla borghesia, ovvero i braccianti e gli operai. La tela nacque dal desiderio di manifestare solidarietà alla classe lavoratrice, le cui rivendicazioni erano spesso represse nel sangue, come accadde durante i moti di Milano del 1898, causati dall’imposizione di un dazio sul pane.

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Definito dal critico Corrado Maltese «il monumento più alto che il movimento operaio abbia mai potuto vantare in Italia», il successo dell’opera fu sancito dalla stampa socialista che lo trasformò nel manifesto visivo della classe operaia italiana. In tempi più recenti il regista Bernardo Bertolucci scelse proprio il quarto stato come immagine per i titoli di testa del suo capolavoro Novecento.

quadri politici
Giuseppe Pellizza Da Volpedo, Il quarto Stato, 1898-1901, olio su tela, 293 x 545 cm, Galleria d’Arte Moderna di Milano.
Fonte: Wikipedia.org. Pubblico dominio.

«Guernica» di Pablo Picasso (1937)

Realizzato per il padiglione spagnolo nel corso dellEsposizione Internazionale di Parigi del 1937, in un clima di grande tensione e instabilità politica, Guernica è il più potente monito artistico contro la brutalità della guerra che si abbatte indiscriminata sui civili, spazzando via vite, quotidianità e sogni. Ispirata al massacro di Guernica, cittadina basca rasa al suolo da un bombardamento nazista intervenuto a sostegno delle truppe nazionaliste di Francisco Franco, con la sua opera Pablo Picasso mira a coinvolgere lo spettatore nella grande tela attraverso il racconto di un episodio che aveva scosso fortemente l’opinione pubblica, portandolo al centro dell’orrore, tra donne che gridano abbracciate ai corpi morti dei figli, corpi dilaniati e animali imbizzarriti. Ricco di rimandi allusivi, come la colomba dall’ala spezzata, simbolo di una pace ormai infranta, l’opera non venne immediatamente apprezzata, salvo poi diventare il quadro portavoce della resistenza spagnola al regime franchista nonché simbolo della condanna unanime  del mondo dell’arte davanti alla violenza ingiustificata e ingiustificabile  della guerra, come si evince dalle parole di Pablo Picasso stesso: «Davanti a un conflitto che mette in gioco i più alti valori dell’umanità e della civiltà, l’artista che vive e opera con valori spirituali non può e non deve restare indifferente».

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quadri politici
Pablo Picasso, Guernica, 1937, olio su tela, 349 x 776 cm, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid.
Fonte: Flickr.com. Licenza C.C BY-NC-ND 2.0 .Autore: Magall/Flickr.

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Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

2 Comments

  1. Manca Guttuso che col suo colore rosso denunciava la sua appartenenza politica. Comunque interessante introduzione la sua ad un argomento che meriterebbe di essere approfondito. IO ero presidente dell’ADARC, Associazione Artisti Cesenati, e sono stati cacciati per la mia visione critica nei confronti della politica, affermando che un artista non deve occuparsi di politica. Visione questa di una profonda ignoranza in cui viviamo.

  2. Manca Guttuso che col suo colore rosso denunciava la sua appartenenza politica. Comunque interessante introduzione la sua ad un argomento che meriterebbe di essere approfondito. IO ero presidente dell’ADARC, Associazione Artisti Cesenati, e sono stati cacciati per la mia visione critica nei confronti della politica, affermando che un artista non deve occuparsi di politica. Visione questa di una profonda ignoranza in cui viviamo.

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