Nel nord-ovest del Giappone si trova una valle termale chiamata Tamagawa, in prossimità della città di Senboku. Proprio qui, nella prefettura montuosa di Akita, la fonte di acqua calda che sgorga dalle sorgenti ha un valore di soli 1,2 pH e a sua volta sorge dalla fonte di Hokuntou-Seki, un genere di roccia di barite contenente tracce di radio, un metallo alcalino-terroso di colore bianco, che annerisce per esposizione all’aria. Tra tradizione e innovazione, in questa valle nasce una combinazione tra vapori e misticismo, tra vita e morte che perdura da anni.
Le rocce, che chimicamente sono per lo più radioattive, nella cultura giapponese si sono caricate di misticismo negli anni e le sorgenti da tempo sono ritenute miracolose per la cura dei malati di cancro. Da anni i pellegrini passano settimane intere in questo luogo, immersi in un metodo di cura non contemplato nella medicina tradizionale occidentale, né tantomeno presente nei quaderni di qualsiasi dottore.
Il fotografo giapponese Tsutomu Yamagata ha saputo dell’esistenza di questi bagni termali proprio in concomitanza con la scoperta della malattia di suo padre, che poco dopo tempo lo ha ucciso, non permettendogli di provare la cura dei vapori miracolosi di Tamagawa. Alla morte del padre la curiosità di Yamagata non si è persa. Nei tre anni successivi, armato di macchina fotografica, frequenta la valle, fotografa i pellegrini e conosce gli ammalati pieni di speranza pronti a beneficiare di queste straordinarie forze guaritrici. Ora il suo lavoro Ten Disciples, condiviso con il globo intero, rende nota l’alternativa contemplativa avvolta nei vapori del Sol levante.
Le immagini, cariche di tutta quella spiritualità che incarna la cultura giapponese ai nostri occhi, riescono ad attirare l’attenzione e sembrano realmente emergere da un mondo sotterraneo. Le figure umane assumono la forma di apparizioni improvvisate, le ondate di vapore accecante sembrano sviare lo sguardo, come inserite in un paesaggio ultraterreno, parlano di un Giappone poco conosciuto e tanto immaginato. Parlano di una speranza, di un luogo, Tamagawa, quasi sacro che porta tutti i giorni un numero consistente di persone a fare da spola tra quel mondo e il mondo terreno.
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«Basate su un’esperienza personale, queste immagini ci rivelano un aspetto totalmente ignoto della cultura giapponese, e la tradizione del lavoro di Yagamata lo rende totalmente universale. Perché consente a milioni di persone di tutto il mondo di conoscere un metodo, un’alternativa a tutte le proposte mediche. Le scelte estetiche, radicalmente contemporanee non lasciano posto alla nostalgia ma riempiono di emozione la scena, ci guidano ad una proposta di dividere l’esperienza profonda e di guardare al mondo in modo più vicino, in una delle sue sfumature ignote»
Descrive così il lavoro Christian Caujolle, del Founder of Agency VU in Francia.
La scelta del titolo non è casuale, come in nessuno dei lavori maturati sapientemente per anni e risiede nel concetto dei dieci grandi discepoli del Buddha, i Judaideshi che nel mondo dell’arte solitamente compaiono nelle raffigurazioni del Nirvana con Buddha. Nella scuola del buddismo giapponese invece queste figure sono emerse proprio grazie alla scuola Hossō che letteralmente significa “scuola delle caratteristiche del Dharma”.
Il metodo Hossen si fonda su una disputa, un botta e risposta tra due persone illuminate, oggi diremmo su un input e un output: legata al progetto fotografico Ten Disciples questa disputa si intravede nella presenza indissolubile e contemporanea con la quale Yagamata, con perizia e coordinando luci e contrasti dei suoi bianchi e neri, sembra quasi far avvertire quella forza, quella presenza, quasi palpabile, tra la vita e la morte, entrambe condensate nello stesso luogo.
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