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L’isola nel cinema: un luogo senza tempo e spazio

dalla newsletter n. 17 - Maggio 2022 di Frammenti Rivista

5 minuti di lettura

È di nuovo giorno. Chuck Noland (Tom Hanks) apre gli occhi disturbato dallo scrosciare delle onde sul bagnasciuga di una spiaggia. È su un’isola, intorno a lui non c’è niente e nessuno: solo un promontorio e un palmeto, del resto acqua a perdita d’occhio. Ancora stordito dal terribile naufragio della notte precedente, Chuck si alza indolenzito ed esce dal gommone d’emergenza dell’aereo che lo ha salvato; addosso ha ancora il maglione di Natale della sera precedente, ma attorno a lui l’atmosfera delle feste è piombata a picco insieme all’aereo.

Chuck si lascia dietro un’intera società, della quale rimangono solo i pacchi marchiati FedEx che trasportava l’aereo cargo su cui si era imbarcato. È solo. Dopo pochi passi si siede attonito, ancora scosso. Immediatamente il pensiero giunge al regalo di Natale fatto, non tanto tempo prima, dalla moglie; lo cerca freneticamente nelle tasche della giacca, lo trova. Funziona ancora? No, non sembra.

È ancora più solo. Tagliato fuori dallo spazio e ora anche dal tempo. Inizia così la lenta e dura lotta per la sopravvivenza in un mondo selvaggio, talmente “troppo naturale” da diventare una trappola.

L’isola di Cast Away: metafora dello straniamento dell’uomo moderno

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Cast Away del 2000 di Robert Zemeckis, con un fantastico Tom Hanks, non è che uno dei tanti film in cui l’isola, qui effettivamente co-protagonista, diventa una metafora indiscussa degli effetti dell’isolamento artificiale che la società – pericolosamente, ci sembra aggiungere Zemeckis – ha preso dalla rivoluzione industriale in poi. Chuck Noland è un uomo qualunque, di successo, come ce ne sono tanti al mondo, ha una vita come quella di tutti: frenetica, attivissima, non staziona mai effettivamente in un luogo, è completamente fuori dalla realtà del proprio pianeta.

Senza tanta ironia, Zemeckis butta Tom Hanks su un’isola deserta per farci intendere il livello di straniamento che un uomo qualsiasi riesce a raggiungere, in questo caso un self-made man, ovvero il prototipo di cittadino americano (e occidentale). L’isola diventa un’espediente e un banco di prova, perché l’isolamento che ha voluto Chuck ora lo deve affrontare, ricostruendo i ponti con la moglie dopo anni, e avendo, come unica compagnia tra le mani, la solitudine di un pacco FedEx (ma oggi diremmo Amazon).

L’isola di The Lighthouse: l’horror e l’isolamento da Hitchcock a Eggers, passando per Tobe Hooper

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Andrea Marcianò

Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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