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La Grecia al voto per la speranza

4 minuti di lettura

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di Aurelio Lentini

Era solo Gennaio, quando in piazza Syntagma decine di migliaia di uomini e donne si ritrovavano – con speranze ben diverse da quelle di oggi – per dare tutto il loro sostegno al candidato Alexis Tsipras e al partito della sinistra radicale Syriza. Due giorni dopo il sogno di una Grecia libera dai ricatti vessatori che l’avevano ridotta in ginocchio rimbalzava in tutti gli angoli del paese, e la gioia straripava incontenibile dal volto di chi, anche con il suo voto, sentiva di aver contribuito a un’impresa storica.

Dopo sei mesi quella gente era ancora lì, che riempiva in maniche corte la stessa piazza per ribadire il suo fiero NO alle politiche di austerità. Con più preoccupazione che speranza nel cuore questa volta, ma ancora con immensa fiducia negli uomini e nelle donne che avevano eletto. Questa volta la vigilia non è un monocolore, le opposizioni tentano di colmare le piazze, non ci riescono, ma almeno si fanno sentire.

Poi le Termopili, la capitolazione del manipolo greco di fronte al baratro sul quale lo avevano spinto i campioni dell’austerità euro-tedesca: fuori dall’euro (soli e in bancarotta) o accordi. Allora lo sconforto, la rassegnazione, in alcuni la consapevolezza che quelle speranze, quei sogni, fossero diventati solo delle chimere.

12032991_1071103149574633_7181194527745626691_nTra quel momento e oggi, vigilia delle elezioni, i colpi al cuore non sono certo mancati. Certo un attimo di riflessione aiuta a comprendere che non solo ancora niente è gettato al vento, ma anche che molte cose in questi mesi sono cambiate e migliorate: la televisione pubblica, i contratti sul lavoro, la tutela dei salari e gli sforzi indefessi per assicurare non solo la sanità, ma i beni di prima necessità (energia e un tetto sulla testa) a quanti più fosse possibile; tuttavia l’animo è diverso e affaticato. In certi momenti si è fatta palese la possibilità che tutto andasse in rovina, che il lavoro di chi in questi anni aveva fatto di una forza di opposizione marginale il primo partito alla guida del paese stesse per essere spazzato via dai dissapori, dalle antipatie, dalle accuse reciproche di fallimento e tradimento. Syriza si spacca, nasce il partito Unità Popolare con a capo l’ex ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis; ma soprattutto il manipolo di Bruxelles viene meno, gli “eroi” si dividono: il carismatico Yanis Varoufakis esce di scena.

E così il comizio di ieri, in una piazza ancora immancabilmente gremita (molto meno numerosa la manifestazione di Nea Dimokratia), segna se non altro un fatto importante: sulle questioni cruciali il canale di comunicazione tra la politica e i cittadini, in Grecia, è aperto.

12009666_1071102692908012_7548463106327559678_nAlexis Tsipras sa che non si presenta più come astro nascente, ma come leader già consunto, il cui carisma, sebbene ancora molto forte, è stato spuntato dal referendum di luglio in cui forse lui più di tutti aveva creduto. Il suo è un discorso bello, ma forse il meno empatico e stravolgente: la retorica del richiamo al voto utile, sebbene stemperata, è viva e tutto sommato realista, perché Nea Dimokratia (il partito del fu Antonis Samaras che ha portato la Grecia al collasso) è lì a uno o due punti percentuali. Ciò che Syriza teme è l’astensione, e in particolare l’astensione dei giovani. Le parole d’ordine sono infatti molto enfatiche: speranza, lotta, lotta in ginocchio, cittadini eroici. Ma il fervore sembra più arduo a incendiarsi, forse perché il nemico non è più così grande, perché il nemico grande ha in qualche modo trionfato, e ora si tratta di come organizzare le trincee delle seconde e terze linee.

Per fare questo Alexis Tsipras chiede un altro, sarebbe il terzo, forte, mandato popolare. Perché «la sinistra non abbandona il campo della lotta, si rialza e combatte, pronta anche a sporcarsi le mani, anche a sanguinare, per garantire al nostro popolo un futuro». Il richiamo è a stringersi in difesa, in difesa di una speranza più che di un progetto verrebbe da dire, e a non far sì che questa esperienza diventi solo una triste parentesi di nove mesi.

Sono in molti a sostenere le scelte di Syriza, la necessità di guadagnare tempo in attesa di un qualche appoggio nella lotta politica, di normalizzare il Paese almeno per quanto basti a sopravvivere. E infatti insieme a Tsipras salgono sul palco Pablo Iglesias, l’eurodeputata verde Ska Keller, Gregor Gysi della Linke, e Pierre Laurent del Partito Comunista Francese; perché la battaglia dei Greci continua a essere la battaglia dell’Europa e in un certo senso di tutti coloro che condividono un’idea di Europa molto diversa dalla realtà che hanno di fronte agli occhi.

11988355_1071103779574570_2522780497907383709_nNon c’è Varoufakis, che dopo aver lanciato il Manifesto per un piano B internazionale insieme a Oskar Lafontaine, Jean-Luc Mélenchon e Stefano Fassina, ha stupito tutti, compreso se stesso, in un intervista al Corriere della Sera qualche giorno fa. Peccato che lo stesso Varoufakis abbia accusato il Corriere di aver stravolto le sue parole, senza limitarsi a una revisione stilistica dell’intervista, ma mutando di senso alcuni passaggi chiave*.
Resta il fatto che il suo allontanamento da Syriza è ormai un divorzio compiuto, tanto che, e questo è inequivocabile, ha dichiarato su Twitter e su altri mezzi d’informazione l’intenzione di votare Unità Popolare.

Dunque l’entusiasmo scema, le bocche si storcono, la maggioranza assoluta sembra molto lontana. Ma qualcosa di là si continua a intravedere, forse non un sogno, forse una paura, forse ancora solo un moto di rivolta, che, se pure l’uomo che ci si trova accanto viene umiliato e costretto a chinare la testa, in noi si desta per farci continuare a dire NO.

«È questo il fiore del partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»
(Guarda il video)

 

 

Qui sopra il video realizzato da left.gr

*qui la querelle tra Varoufakis (uno e due) e il Corriere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.