Il settennato dell’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella volge al termine e il 24 gennaio il Parlamento è chiamato a eleggere la massima carica dello Stato. Non fatichiamo a immaginare le voci e i discorsi che in questi giorni, tra i corridoi di Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama, probabilmente finiscono per concentrarsi su questo appuntamento, tra i più importanti nell’agenda della Repubblica italiana.
Noi cittadini leggiamo articoli e sentiamo notizie riguardo a quali siano i nomi in lizza, non possiamo però prevedere quanti scrutini saranno necessari e rimaniamo in attesa di sapere chi sarà il capo del nostro Stato tra qualche giorno. Ci chiediamo anche, talvolta, di che si tratta e come funziona di preciso l’elezione.
Chi elegge il Presidente della Repubblica?
Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento riunito in seduta comune presso la Camera dei Deputati. Ad oggi e fino alla nuova legislatura, quando la composizione del Parlamento cambierà numericamente a seguito del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari del 2020, questo significa che saranno i 630 deputati, i 315 senatori elettivi e i 6 senatori a vita a votare, insieme a 58 delegati regionali (tre per ogni regione italiana eccetto la Valle d’Aosta, rappresentata da uno solo). La presenza dei delegati, eletti dai Consigli Regionali, è costituzionalmente motivata dall’intenzione che anche le minoranze siano rappresentate nella votazione.
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Gli scrutini e la maggioranza
Gli scrutini sono segreti, questo significa che la preferenza espressa da ognuno degli elettori non viene resa nota, e il loro numero è imprevedibile. Raramente è sufficiente la prima votazione, perché quella richiesta per i primi tre scrutini è una maggioranza qualificata (almeno di due terzi), dal quarto scrutinio in poi è invece sufficiente la maggioranza assoluta (il 50%+1).
Se le elezioni dei presidenti Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi inaspettatamente si sono svolte attraverso un solo scrutinio, l’apice dell’attesa si è raggiunto con l’elezione del Presidente Giovanni Leone, che nel 1971 ha richiesto ben ventitré scrutini.
La seduta è unica ma sono previste delle interruzioni, per rendere possibile il dialogo tra i parlamentari al fine di trovare un possibile accordo che conduca a una maggioranza. Ma anche perché, considerando che uno scrutinio in media si svolge in più di quattro ore, sarebbe difficile immaginare i parlamentari rimanere in aula ininterrottamente per decine di ore consecutive.
Il compito dello spoglio è affidato al Presidente della Camera dei Deputati, ad oggi Roberto Fico appartenente al Movimento 5 Stelle, che legge tutte le schede. I voti considerati dispersi sono quelli di coloro che ricevono meno di due preferenze. Sarà lo stesso Presidente della Camera a dichiarare quindi in fine chi sarà il nuovo Presidente della Repubblica.
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Dopo l’elezione, l’insediamento
Una volta verbalizzato il risultato alla Camera dei Deputati e comunicato al Presidente neo-eletto, non resta che organizzare la cerimonia di insediamento, che normalmente avviene qualche giorno dopo la data dell’elezione. In quest’occasione, il nuovo Presidente della Repubblica giura citando la formula «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione».
Da quel momento in poi il nuovo Capo dello Stato, elemento super partes per eccellenza della nostra architettura costituzionale, assumerà i suoi compiti di fare le veci di garante dell’unità nazionale, di coordinare l’esercizio dei tre poteri fondamentali dello Stato (il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario), di mediare tra le parti in caso di crisi politiche e di vigilare sempre attentamente sul rispetto della Costituzione.
Non ci resta quindi che tenere gli occhi puntati sugli schermi e scoprire chi sarà il nuovo inquilino del Quinale, l’attesa ormai è agli sgoccioli.
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