Ecco una nuova lista per occupare le nostre serate di quarantena. In questo caso vi parliamo di un genere teatrale relativamente “giovane” (in confronto alla millenaria storia del teatro), nato in America a cavallo tra Ottocento e Novecento: il musical.
Leggi anche:
Continuare a vivere le emozioni del palcoscenico con il teatro online
Più lunghi di uno spettacolo teatrale, più “semplici” dell’opera, i musical sono un intrattenimento adatto a tutti per la loro loro capacità di unire musica, canto, danza e recitazione. Vi consigliamo cinque classici che hanno fatto la storia di questo genere.
«Jesus Christ Superstar» di Andrew Lloyd Webber
Uno dei musical più longevi nella storia di Broadway (tutt’ora rappresentato sin dal 1970), racconta la storia più famosa del mondo: gli anni della predicazione e passione di Gesù. Nonostante il film del 1973 avesse suscitato polemiche al momento dell’uscita a causa dell’unione delle vicende evangeliche con la cultura hippie, ad oggi è una delle opere più famose di Andrew Lloyd Webber e considerato un grandissimo classico da vedere almeno una volta nella vita.
«Notre Dame de Paris» di Riccardo Cocciante
Nato in francese, è stato messo in scena per la prima volta a Parigi nel 1998. Il successo travolgente spinse gli autori ad esportare lo spettacolo che debuttò a Roma nel 2002. Ispirata al romanzo omonimo di Victor Hugo, questa opera popolare con musiche e testi quasi materici, come se potessimo toccare con mano la storia struggente del povero Quasimodo, della bella Esmeralda, degli amori profani legati tutti dall’unico edificio cuore della storia: Notre Dame di Parigi.
«Les Miserables» di Claude-Michel Schönberg
Sempre tratto da un romanzo di Victor Hugo, Les Miserables segue la storia dell’ex galeotto Jean Valjean nel suo cammino di redenzione e mostra come tante vite possano intrecciarsi l’una con l’altra tra amori, inganni, rivendicazioni e speranze. Il musical debuttò nel 1980 a Parigi e solo nel 2012 vi è stata la trasposizione filmica dell’opera in musica diretta da Tom Hooper. Con un cast stellare il film ci permette, più del teatro, di vedere i lunghissimi archi di tempo in cui si svolge la vicenda e le bellissime scenografie dove è ambientata. Un’ulteriore nota di merito va alla tecnica: infatti i cantanti non si sono doppiati in post-produzione, ma hanno cantato dal vivo durante le riprese.
Per chi non volesse intraprendere una visione troppo impegnativa, ecco due commedie musicali non interamente cantate.
«School of rock» di Mike White
School of rock, nato direttamente come lungometraggio per il cinema e solo in seguito diventato un musical a teatro, è la storia dello squattrinato musicista Dewey Finn (Jack Black) alla ricerca del successo nel mondo del rock. Dopo essersi spacciato per il suo coinquilino e aver ottenuto un lavoro come supplente in una delle scuole elementari più prestigiose della città, Dewey scopre che gli studenti sono dei bravissimi musicisti e potrebbero fare al caso suo. La colonna sonora, composta da brani immortali della storia del rock, ci accompagna attraverso questo racconto di amicizia, rivalsa e ribellione agli schemi chiusi che spesso cercano di tarpare le ali all’estro artistico.
«Singing in the rain» diretto da Stanley Donen e Gene Kelly
Ultimo musical che consigliamo è Singing in the rain, anch’esso nato direttamente per il cinema. Ed è proprio di cinema che si parla in questa storia: il passaggio al sonoro nell’industria cinematografica porta la Monumental Pictures a cambiare l’ultimo film di Don Lockwood (Gene Kelly) e Lina Lamount (Jean Hagen) da muto a sonoro. Il problema si presenta quando ci si rende conto che la voce di Lina non è per niente gradevole; Don trova però la soluzione: Kathy Selden (Debbie Reynolds).
Anche questa un’opera non completamente cantata, che è però entrata nella storia grazie alle bellissime musiche e i numeri di tap dance.
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram
* * *
Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti è una rivista edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle, anzi: siamo noi i nostri editori. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.