Dice che era un bell’uomo
e veniva, veniva dal mare.
Parlava un’altra lingua,
però sapeva amare…
Queste parole, precedute da un frizzate suono di violino, descrivono alla perfezione quello che è stato il grande Lucio Dalla. La sua voce vibrante e avvolgente, come luce del sole sullo specchio del mare, e le sue parole, così profonde e intense, ma allo stesso tempo tanto semplici e dirette. Dalla nasce a Bologna il 4 marzo 1943 e, a soli ventun’anni, nel 1964, inizia la sua carriera musicale grazie a Gino Paoli, che vede in lui uno scrigno di possibilità inesplorate e vuole fare di Lucio il primo cantante soul italiano.
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Questi primi anni di carriera lo vedono impegnato pienamente nella sperimentazione, nell’esplorazione dei più vari orizzonti musicali, entrando in contatto con la beat generation e con il mondo cinematografico. Sono anche gli anni delle prime composizioni, fra cui la splendida Occhi di ragazza, cantata però da Gianni Morandi, che lo porta direttamente in vetta alle classifiche. Fin dalle prime esperienze, Lucio Dalla si dimostra originale e innovativo, lontano dalle melense note neomelodiche, vicino al ritmo delle orchestre jazz, brioso e fresco come brezza marina.
Occhi di ragazza quanti cieli quanti mari che m’aspettano, occhi di ragazza se vi guardo vedo i sogni che farò. Occhi di ragazza questo viaggio prima o poi sarà finito una spiaggia vuota senza mare io dovrò vedere in voi . Occhi di ragazza quanto male vi farete perdonare. L’acqua di una lacrima d’addio sarà l’ultimo regalo che da voi riceverò.
È proprio grazie al successo di questa canzone che, negli anni settanta, ha l’occasione di ascendere nell’empireo dei grandi artisti della musica italiana e internazionale. Nel 1971, al festival di Sanremo, presenta 4 marzo 1943, canzone storica e bellissima, che profuma di mare, dall’impatto visivo impressionante. Si stagliano davanti a noi il prato di un istante d’amore e quella stanza sul porto. I colori, gli odori e la musica creano una perfetta commistione di sensazioni che avvolgono l’anima e che commuovono profondamente.
E forse fu per gioco o forse per amore che mi volle chiamare come nostro Signore. Della sua breve vita il ricordo più grosso è tutto in questo nome che io mi porto addosso. E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino.
È chiaro che il pensiero dà fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce anzi è un pesce e come pesce è difficile da bloccare perché lo protegge il mare . Com’è profondo il mare. Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche. Il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccare non lo puoi recintare. Così stanno bruciando il mare. Così stanno uccidendo il mare. Così stanno umiliando il mare. Così stanno piegando il mare.
Ed ecco questo mare onnipresente, questo profumo di salsedine, questa freschezza come spuma che si infrange su uno scoglio. Questo mare portatore di poesia, custode di un’immensa libertà, spazio incontaminato che è stato il suo pentagramma e il più vivido specchio della sua natura. Perché il suo spirito, come l’acqua, non era mai fermo, ma sempre mosso da emozioni a volte impercettibili: vento che sfiora la superficie dell’anima e dolcemente la increspa, o goccia di pensiero che cade e riecheggia nel cuore, o tempesta di emozioni incontrollabili che sconvolge gli spiriti sensibili.
Gli anni ottanta sono invece scanditi dalle note di un’unica ed immensa canzone: Caruso. La genesi di questa canzone è già di per sé una splendida storia. L’ispirazione arrivò per caso, per via di un guasto alla sua imbarcazione che lo costrinse a soggiornare in un albergo a Sorrento, nella stessa stanza dove, anni prima, aveva trascorso i suoi ultimi giorni il grande tenore Enrico Caruso, insieme alla sua amata, una giovane a cui aveva dato lezioni di canto. La meravigliosa interpretazione di Luciano Pavarotti, alla quale ne seguiranno molte altre, suggella l’infinita grandezza e bellezza di questo brano.
Qui dove il mare luccica e tira forte il vento, su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento,
un uomo abbraccia una ragazza dopo che aveva pianto, poi si schiarisce la voce e ricomincia il canto.
Te voglio bene assaje ma tanto, tanto bene sai è una catena ormai che scioglie il sangue dint’e vene sai.
Negli anni ’90, arriva un altro suo grande e successo, Attenti al Lupo, cui seguiranno album che segnano il suo traguardo discografico (fra cui Canzoni, con oltre 1.300.000 copie vendute). Questi sono anni in cui la sua eclettica personalità lo porta a cimentarsi in esperienze sempre nuove, dalle composizioni di musiche per film (per Monicelli, Verdone, Placido, Antonioni, Giannarelli e altri) alla creazione di programmi televisivi come Taxi, fino alla gestione di una galleria d’arte a Bologna, la NO CODE.
Anche nel 2000 Dalla lascia libero il suo estro creativo che porterà alla creazione di nuovi album (Lucio, 12.000 lune, Il contrario di me, Angoli nel cielo), a moltissimi tour, concerti ed eventi e a numerose collaborazioni fra cui, dopo quella con l’amico Francesco De Gregori, l’ultima, con Pierdavide Carone, da cui nasce Nanì e altri racconti, canzone presentata dai due al Festival di Sanremo del 2012.
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