Rino Gaetano, la notte del 2 giugno 1981, aveva solo 31 anni quando morì in un incidente stradale sulla via Nomentana, a Roma, in un incidente drammatico che ha privato la musica italiana di un artista all’apice della propria maturità, e che i giornali dell’epoca paragonarono a quello di Fred Buscaglione.
Appena un anno prima, infatti, nel 1980, aveva pubblicato Io non ci sto: l’album riconfermava la maturità trovata con Nuntereggae più, e il brano Ti ti ti era il capolavoro di un musicista trentenne, la speranza per il futuro del pop italiano.
Nato a Crotone il 29 Ottobre del 1950, il piccolo Rino si trasferì a Roma con i suoi genitori a dieci anni. Dalla capitale ebbe inizio il rapporto difficile con l’ambiente della musica italiana, in quegli anni promotrice soprattutto della canzone impegnata o del pop di Battisti. Ma Gaetano non era né l’uno né l’altro e, sebbene egli stesso si definisse un cantautore, il suo umorismo anticonformista non gli permetteva di essere etichettato facilmente.
Al contrario dei colleghi De Gregori, De André, Guccini, il cantante di Crotone giocava con le sue canzoni, aveva un approccio più primitivo, o per lo meno in apparenza. Ma il cielo è sempre più blu nel 1975 fu il brano che lo rese popolare. Poi toccò al magnifico LP Mio fratello è figlio unico, contenente il successo Berta filava, e questo disco gli regalò il periodo più felice della sua carriera, tra il ’76 e il ’78. L’umorismo e il suo atteggiamento disincantato gli conferirono il fascino da clown popolare capace di denunciare senza scrupoli le crepe del Bel Paese.
Prima della sua morte, come si diceva, Nuntereggaepiù dimostrò il punto cui poteva arrivare il suo talento: a Sanremo nel 1978, con un ukulele e sorriso disilluso, Rino Gaetano portò Gianna, ancora oggi un titolo talmente conosciuto da far scattare quasi una filastrocca.
Come spesso accade, solo dopo la sua morte si è apprezzato il suo continuo sberleffo, la sua presa in giro all’Italia e agli italiani. Il crotonese, figlio di emigrati, avrebbe deriso anche i dibattiti intellettualoidi sul suo “carisma da caposcuola” (e altre simili etichette). Il tema ricorrente, il tema più sincero e diretto, il tema viscerale di Rino Gaetano è però l’emarginazione, che per Mio fratello è figlio unico spiegava così:
«Il tema unitario delle canzoni è quello degli emarginati, ma non tanto quelli tradizionalmente riconosciuti, come i sottoproletari, gli alcolisti, i drogati, quanto noi stessi. Pochi si occupano delle cosiddette persone normali. Pensa solo a un incidente per strada, con la gente che scappa per paura che la polizia faccia perdere tempo. Questo è Mio fratello è figlio unico, una persona tutto sommato normalissima. Mi piace esasperare le cose, amo i paradossi. […] Dire che mio fratello è figlio unico perché è convinto che esistono ancora gli sfruttati, i malpagati e i frustrati non è demagogia».
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