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15 novembre 1848: l’omicidio di Pellegrino Rossi

Per la rubrica "L'Angolo di Storia", che ripercorre ricorrenze storiche degne di essere conosciute.

2 minuti di lettura

È successo un quarantotto, si suol dire. E lo si dice perché il ’48, quello del XIX secolo, fu un anno di rivoluzioni e di gente scesa in piazza a manifestare e a cacciare i regnanti di mezza Europa con la speranza di più libertà, più diritti e anche più indipendenza. Popoli e nazioni associati da rivendicazioni giuste contro gli assolutismi e le prevaricazioni di quell’Antico Regime che ancora non voleva cedere il passo ai nuovi orizzonti della Storia. 

Tra questi schieramenti contrapposti, ce ne furono due però non proprio tradizionali: a Roma, infatti i borghesi e i popolani si contrapposero al papa Pio IX e, non potendo (o non riuscendo) a prendersela direttamente con lui, i primi decisero di prendersela con il premier ministre del secondo, cioè quel giurista ed economista che rispondeva al nome di Pellegrino Rossi. Quest’ultimo aveva già alle spalle una notevole carriera politica e diplomatica che lo aveva visto protagonista in Francia sia come docente universitario sia come collaboratore di François Guizot, l’allora presidente del consiglio francese; tuttavia questa carriera non era servita a Pellegrino Rossi per capire lo stato delle cose e prevenire quegli eventi che, tragicamente per lui, gli furono fatali. 

Nell’autunno del 1848 a Roma, difatti, il primo ministro del papa aveva nemici non solo tra i democratici che bramavano la rivoluzione ma pure tra quegli stessi sostenitori ecclesiastici che dovevano stare dalla sua parte e che invece lo criticavano in modo feroce per talune sue aperture ai rivoluzionari che non dovevano essere assolutamente concesse. Non a caso, i clericali erano definiti “reazionari”, proprio come quegli austriaci contro cui combatterono i patrioti da tutte le regioni d’Italia. 

Fatto sta che la mattina del 15 novembre 1848 s’era radunata una certa folla nell’atrio del palazzo romano della Cancelleria. In mezzo a questa folla tutt’altro che pacifica, spiccavano alcuni legionari papalini, delusi dall’atteggiamento di Pio IX che, dopo un’iniziale adesione, aveva abbondonato la “causa italiana” di lotta contro l’invasore austriaco; e spiccavano pure alcuni esponenti mazziniani, aizzati da Angelo Brunetti, uno dei loro capi e da loro più “amichevolmente” conosciuto come Ciceruacchio. 

Appena arrivato nel cortile, forse Pellegrino Rossi poté per la prima volta intuire qualche cosa; ma, come un impavido novello Cesare, non volle retrocedere né darsi alla fuga. Fu allora che i legionari lo accerchiarono, – questa fu almeno la successiva ricostruzione giudiziaria – lo spinsero verso la scalinata che conduceva alla sala del Parlamento e lì qualcuno lo colpì alla gola con un pugnale. Poi tutti si diedero alla fuga, mentre Pellegrino Rossi, come Cesare, agonizzava in solitudine, sul primo gradino di quella fatidica scalinata. 

Era il giorno 15, lo stesso di Cesare, sebbene non fossero le idi di novembre. 

La storia ci racconta poi che la situazione a Roma precipitò. I rivoluzionari presero il potere mentre Pio IX si dava alla fuga, riparando a Gaeta, la prima città sotto i Borboni oltre il confine dello Stato della Chiesa. Nella città eterna venne instaurata la Repubblica alla cui guida si pose un triumvirato, formato da Mazzini, Armellini e Saffi; alla sua difesa militare, per giunta, accorsero numerosi volontari guidati da Garibaldi stesso. Per quanto riguarda la “nostra storia”, invece, solo un tribunale ecclesiastico, nell’anno 1854, riuscì a individuare l’esecutore materiale del delitto: si chiamava Luigi Brunetti ed era proprio il figlio del Ciceruacchio. Solo che il giovane non era più in vita al momento della condanna: era stato catturato nel 1849, assieme al padre, da una pattuglia di austriaci ed era stato immediatamente fucilato con il genitore. Per gli amanti delle analogie, il luogo dell’arresto non fu Filippi, in Grecia, dove morirono i cesaricidi Bruto e Cassio, ma la frazione di Ca’ Tiepolo, in provincia di Rovigo, dove ancora oggi spicca il monumento dedicato al Ciceruacchio. 

Immagine in apertura: Ca’ Tiepòlo, Monumento ad Angelo Brunetti 

Michele Canalini

Redazione

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1 Comment

  1. Buongiorno, ho attetamente letto molti scritti sull’assassinio di Pellerini Rossi, ma nessuno indica Luigi Brunetti come esecutore materiale. Negli atti del processo, durato troppi anni, non è mai citato detto personaggio. Dei due sospettati: uno si è suicidato in carcere, l’altro è stato giustiziato da Mastro Titta.
    Dov’è la verita ?
    L’unica indicazione, senza valore giuridico, si trova nel monumento eretto a Roma dove manca (a mio avviso erroneamente) il figlio Luigi che, comunque, stante la fine che ha fatto, merita un giusto riconoscimento.

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