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Family day

L’incredibile arguzia del Family Day: «atei e lesbiche portano al femminicidio»

Family Day, un giorno in cui di famiglie “normali” se ne vedono ben poche. L'evento ha creato online una serie infinta di polemiche, battute e parodie.

8 minuti di lettura

Family Day: un giorno per festeggiare e difendere la famiglia. Ma non qualsiasi famiglia. Solo un uomo e una donna eterosessuali, cristiani, con figli ordinati, puliti e battezzati. Ne esistono ancora di famiglie così? Certo, ma negli ultimi decenni il concetto di famiglia è diventato sempre più ampio e sarebbe quindi doveroso festeggiarle e difenderle tutte. Ben lontano da questo obiettivo va invece il Family Day, un giorno in cui di famiglie “normali” se ne vedono ben poche. Tradizionali molte, normali poche. Dalla gaffe del milione di partecipanti (quando la piazza ne poteva contenere sedici volte di meno) alle foto di edizioni passate spacciate per quelle di sabato, il Family Day ha creato online una serie infinta di polemiche, battute e parodie.

La ciliegina sulla torta è stata però l’intervento di Kiko Arguello, iniziatore del cammino neocatecumenale e uno dei maggiori responsabili della manifestazione. Il signor Arguello per un inspiegabile motivo parla soltanto con una croce al suo fianco, quindi sul palco di piazza San Giovanni ne è stata collocata una alta due metri. Dal suo bel pulpito ha iniziato una predica che ben si addice agli ideale del Family Day: le famiglie tradizionali sono sempre più minacciate (da chi?), le scuole vogliono far crescere i nostri figli omosessuali (forse potrebbero diventarlo comunque?) e il famigerato gender distruggerà i ruoli dell’uomo e della donna (ormai in via d’estinzione da qualche decennio).

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Infine, per chiudere in bellezza, una perla tutta nuova per questa giornata di festa. Il tema è il femminicidio, affrontato inizialmente riferendosi al caso di Matthias Schepp, ma poi divagando verso nuovi mondi. Secondo Kiko Arguello «dicono che questa violenza sia dovuta alla dualità maschio-femmina, ma non è così, è che l’uomo sperimenta di non essere più amato dalla sua donna, sente un dolore profondo, e cade in un buio nero che gli fa provare la voglia di uccidere». Prima di tutto, molti – anche se non tutti – i femminicidi avvengono a causa del troppo amore della donna. Ragazze che, accecate da un sentimento ossessivo, non sanno liberarsi di uomini violenti, pagando a volte con la morte. Ma presumendo che una donna effettivamente non ami più il proprio marito, è questa una motivazione per uccidere? E perché allora non legittimare anche il contrario, perché non autorizzare – nella pazza logica di quest’uomo – un omicidio compiuto da una donna perché il marito non la ama più? Come molte volte accade, la religione non è in grado di mettere maschi e femmine sullo stesso piano. Oltre a non predicare, come in questo caso, la pace, l’amore, il perdono.

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Per peggiorare ulteriormente la situazione, Arguello ipotizza che la fittizia moglie uccisa dal marito lo abbia tradito con una donna – fatto tra l’altro mai avvenuto nel caso di Matthias Schepp. Perché si sa, non è il tradimento o l’omicidio il peccato, è l’amore tra donne il crimine vero e proprio. C’è da chiedersi se forse, rendendo legale il matrimonio tra donne, queste decideranno finalmente di non scappare d’improvviso con le moglie altrui, ma se le sposeranno direttamente fin dall’inizio. Forse.

Poi, per continuare sulla stessa onda, Arguello afferma che: «tutti abbiamo bisogno di essere amati, la verità è che nessuno può vivere senza amore (ma con un omicidio sulla coscienza sì?)». E secondo una spietata logica cristiana, chi sono coloro che vivono senza amore? Gli atei. Questi misteriosi esseri nati dalle tenebre, senza alcuni morale e incapaci di provare affetto verso il prossimo – un po’ come gli omosessuali in fondo. Citando le parole di Arguello: «Se quest’uomo è ateo, secolarizzato, non va a messa, nessuno gli conferisce l’essere come persona, ha solo una moglie che gli dà un ruolo: “Tu sei mio marito” e così lui si nutre dell’amore della moglie.» Se non vai a messa, quindi, non sei una persona. Se sono rappresentate da Arguello, c’è da chiedersi invece che razza di persone siano quelle che ci vanno.

Un ateo non ha il conforto di Dio e non può quindi sopportare il tradimento della moglie con un’altra donna. Così, disperato, uccide. E non solo lei, anche i bambini: «Il secondo moto, poiché il dolore che sente è mistico, siderale e orribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: “Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto? La sofferenza che ho?”. Uccide i bambini.»
Non fa una piega, no? Non serve ricordare le numerose morti causate dal fanatismo cristiano, partiremmo da 2.000 anni fa e arriveremmo fino alle stragi degli ultimi anni. Eppure nella mente di alcuni uomini ossessionati dalla fede sono gli atei e gli omosessuali i criminali. Ma che strana visione avranno delle famiglie atee e/o di quelle omosessuali? Forse a questi personaggi basterebbe conoscerne una per rendersi conto dell’amore che esiste tra queste persone, anche se sul muro della camera da letto non hanno un crocifisso, ma magari un poster di Madonna.

Saranno quattro chiacchiere da bar, penserete voi, il discorso di un fanatico rivolto ad altri fanatici. No, qui parliamo di sociologia e antropologia: «I sociologi non sono cristiani e non conoscono l’antropologia cristiana. Il problema è che non possiamo vivere senza essere amati prima dalla nostra famiglia, poi dagli amici a scuola, poi dalla fidanzata e infine da nostra moglie.» Certo, prima di tutto la famiglia (se non si era capito), poi gli amici a scuola, poi la fidanzata (ma non fa parte della famiglia?) e infine la moglie (qui si perde il conto delle donne che ha quest’uomo).

E ricordate: «Perché l’inferno esiste», cari atei. Vi ritroverete tutti lì dopo aver ucciso moglie e bambini per colpa di una lesbica. Di certo troverete molta compagnia, considerando che il gender sta ormai plagiando i nostri figli.

Per Arguello la famiglia cristiana sarà anche quella vincente, ma le argomentazioni cristiane evidentemente no, non lo sono. Forse se in Italia pensassimo ai diritti delle persone piuttosto che al demonio, saremmo avanti anni luce, e non in una piazza di Roma a festeggiare la giornata della regressione.

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