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Life Magazine: la fotografia
al servizio dell’informazione

4 minuti di lettura

di Margherita Vitali

È possibile fotografare la storia, immortalare i suoi attimi salienti attraverso fotografie capaci di fermare il tempo e di dare a colui che le osserva una finestra su un mondo lontano, nel buon nome del giornalismo? Life Magazine ci è riuscita e l’ha fatto per anni, portando nelle case degli americani scatti di rara bellezza. La definirono una rivista «per coloro che non sapevano leggere», sottovalutando il potere che può avere l’immagine, la fotografia, come mezzo d’informazione.

Life è infatti stata in prima linea nella divulgazione del fotogiornalismo durante la Seconda Guerra Mondiale e gli scontri politici degli anni sessanta, trasformandosi in un vero punto di riferimento per i suoi lettori. Fondata nel 1936 da Henry Luce è riuscita a entrare nelle case e a vendere circa 13,5 milioni di copie a settimana nel suo momento di massimo splendore, gli anni quaranta, rimanendo sulla cresta dell’onda per ancora molti anni, quando solo attraverso i reportage delle grandi firme della fotografia era possibile capire realmente cosa stesse succedendo dall’altra parte del mondo. Come tutte le cose belle, anche lei era destinata a non durare, soprattutto quando la televisione divenne una realtà stabile in ogni casa americana, trasformandosi nel primo vero strumento d’informazione di massa. Dopo lunghissimi anni di crisi, Life ha cessato d’esistere nel 2007.

Sarebbe un fatale errore però pensare che la storia di Life sia circoscritta e abbia caratterizzato solo gli Stati Uniti, perché in realtà le sue foto sono diventate comuni e familiari in tutto il mondo, sono entrate nella cultura e nelle case di chiunque, trasformando questi scatti i pietre miliari del fotogiornalismo.

Alle 7 di sera del 14 agosto 1945 il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman annunciò che il Giappone aveva firmato la resa senza condizioni e che quindi la Seconda Guerra Mondiale era finalmente finita.

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Migliaia di giovani americani si riversarono nelle strade per festeggiare e tra loro vi era anche il fotografo di Life Alfred Eisenstaedt assieme alla sua inseparabile Leica IIIa. Bastò uno scatto per creare un’immagine che sarebbe rimasta nella storia: la foto del giovane marinario che tiene tra le braccia e bacia un’infermiera sconosciuta è diventato il simbolo mondiale della fine della Seconda Guerra Mondiale, simbolo della fine delle paure, della fine del terrore e degli spari. Simbolo anche della gioventù.

Altra celebre fotografia apparsa su Life fu Il miliziano colpito a morte di Robert Capa.

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Questa foto storica fu pubblicata in un primo momento su un giornale francese chiamato Vu, ma ebbe la sua consacrazione mediatica proprio sul Life, nel 1936, accompagnata da tanti altri scatti del fotografo sulla guerra civile spagnola. Considerata la punta di diamante della produzione del fotografo tedesco, la foto sconvolse – e sconvolge tutt’ora – l’opinione pubblica mostrando in bianco e nero le atrocità della guerra. Immortalare l’attimo esatto della morte di un uomo non è solo quasi impossibile, ma risulta sconvolgente: fissare nel tempo l’attimo esatto che precede la caduta al suolo di un corpo umano fa di questa fotografia un arma di comunicazione formidabile.

Life si è occupato di questo e molto altro, come la celeberrima foto di Robert DoisneauBacio davanti all’hotel De Ville, fotografia impressa a fuoco nell’immaginario romantico collettivo.

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Con le sue immagini Life è entrato nella storia di tutti quanti, ha saputo immortalare culture, fatti epocali e folkloristici per decenni e per quanto siano ormai passati anni dalla sua chiusura, quando una voce si spegne l’eco del suo silenzio continua a rimbombare per anni.

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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