fbpx
Miyazaki

L’apparente semplicità dell’intimistico Giappone di Miyazaki

Dopo la fondazione dello Studio Ghibli diventa un vero e proprio punto di riferimento della cultura cinematografica giapponese per l'Occidente. Da che cosa sono caratterizzati i suoi capolavori di animazione premiati ed apprezzati in tutto il mondo?

13 minuti di lettura

Biografia:

Hayao Miyazaki nasce nel quartiere di Bunkyo, a Tokyo, il 5 Gennaio 1941, da Dola, madre costretta a una degenza di 9 anni in ospedale per una tubercolosi spinale, e dall’ingegnere aeronautico Katsuji Miyazaki, direttore della Miyazaki Airplane, azienda di famiglia per produzione di elementi per aeromobili. Già dai tempi del liceo Hayao inizia a interessarsi al disegno e ai fumetti giapponesi, i manga, e nel 1963, appena conseguita la laurea in Scienze Politiche e Economia, entra nello studio di animazione Toei, dove conoscerà la futura moglie Akemi Ota, anche lei disegnatrice.


MiyazakiVerso la fine degli anni Settanta inizia un’importante e duratura collaborazione con il regista Isao Takahata, con cui pubblicherà i primi manga e dirigerà alcuni episodi delle serie animate (anime) più famose degli anni ’80, poi trasmesse anche in Italia (Lupin III, Anna dai capelli rossi, Heidi, Conan il ragazzo del futuro, per citarne alcune).
Il successo ottenuto dalla prima sceneggiatura cinematografica del manga Nausicaa della Valle del vento gli permette di fondare un suo studio di produzione, lo Studio Ghibli che, grazie anche al supporto di un ottimo team di collaboratori, diverrà un vero e proprio punto di riferimento della cultura cinematografica giapponese per l’Occidente, producendo capolavori di animazione premiati e apprezzati in tutto il mondo.

Leggi anche:

Diventare Miyazaki: il software dello Studio Ghibli sarà scaricabile gratuitamente

Nel 2003 Miyazaki vince il premio Oscar per il miglior film d’animazione per La città incantata, ma non si presenta alla cerimonia in segno di protesta contro l’intervento bellico degli Stati Uniti in Iraq. La sua ultima pellicola, prima del ritiro dalle scene già annunciato nel 2013, è Si alza il vento, che attraverso il significativo tema del volo, racconta la storia del Giappone degli anni ’30, dal terremoto del Kanto del 1923 alla Seconda Guerra Mondiale, con una forte componente autobiografica.

La storia e i costumi del Giappone sono la materia prima dei suoi lavori, che lo spettatore inizia a conoscere e ad amare grazie a una non comune capacità di raccontare ed emozionare. Il disegno semplice e tradizionale di Miyazaki non denota assolutamente uno stile infantile, ma un efficace mezzo per raccontare i temi più profondi e attuali della società e della storia attraverso una spensierata e candida visione della realtà. Un filo conduttore lega tutti i suoi film e rende ben distinguibili in ogni proiezione i motivi fondamentali della sua poetica. Il tema del volo sarà sempre un elemento importante della sua regia e della sua vita personale. Tutti i personaggi di Miyazaki volano, chi su scope magiche, chi su aerei da guerra, chi su mastodontici dirigibili e chi su meravigliose ali da Ippogrifo. Il cinema va a intrecciarsi con l’attività paterna vista attraverso i suoi occhi di bambino, in una sorta di liberazione e fuga dal mondo reale e dai limiti della società umana. Protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, personaggi a tuttMiyazakio tondo e dalle mille sfumature, che attraversano una vera e propria crescita interiore e personalissima. Le avventure fantastiche e surreali che si ritrovano a vivere non sono altro che gli ostacoli della maturazione e dell’affermazione di se stessi attraverso il rapporto con gli altri e con il mondo degli adulti. Per questo le giovani Kiki (Kiki consegne a domicilio) e Chihiro (La città incantata) crescono entrambe senza la protezione dei genitori, imparando a svolgere un mestiere e a distinguere da sole il Bene e il Male. Miyazaki affida ai giovani il ruolo di icone e messaggeri del suo pensiero in quanto forieri di verità, di spontaneità e naturalezza che ormai mancano nella complessa e difficile vita degli adulti. Ed è proprio attraverso l’autenticità di un ragazzo che Miyazaki dà risalto all’attualissima problematica dell’ambientalismo e di una sempre più aggressiva colonizzazione umana del pianeta. Esempio di grande forza, ma anche di grande amore, è San, vera protagonista di Principessa Mononoke, che oscura del tutto il suo coprotagonista maschile, Ashitaka, per la purezza dei suoi sentimenti e per la determinazione con cui lotta per l’affermazione dei propri ideali. Il suo inusuale e indomito stile di vita, in totale sintonia con la foresta e gli animali, rimanda a un originario legame con la Natura che, evidentemente, l’uomo moderno ha totalmente perduto. Le sue parole piene di rimprovero e sentimento sono un grido che colpisce e che risuona nei cuori di tutti gli spettatori. I personaggi del regista nipponico, dalle sorelline de Il mio vicino Totoro alla storia del fiume Kohaku ne La città incantata, sono sensibili alla vita della natura che li circonda. La sporcizia diventa, infatti, simbolo della corruzione e dell’egoismo di un società omologante e «cementificatrice».

Leggi anche:

«Il mio vicino Totoro» e «La tomba delle lucciole»: l’infanzia a confronto nei due capolavori giapponesi

MiyazakiNon è banale, inoltre, la delicatezza della narrazione intimistica di Miyazaki, dai tratti femminei e sentimentali, che non cade mai nel melenso. Le donne sono l’elemento chiave delle sue opere. Sono loro le trascinatrici di emozionanti e avventurose lotte sociali e personali capaci di parlare direttamente al pubblico. Sono eroine indipendenti, studentesse dalle grandi aspirazioni, lavoratrici, leader che hanno qualcosa da dire e che molto spesso, di fronte a uomini fragili e inetti, costituiscono le colonne portanti del proprio mondo, come l’efficiente squadra delle riparatrici di aerei nel Porco Rosso. L’amore lega profondamente tra loro i protagonisti, è fiducia, passione, amicizia e spesso condivisione delle stesse idee, è un sentimento totale che investe dolcemente il personaggio e tutto il suo mondo. L’innamoramento è solo il primo passo della costruzione di un coinvolgente climax di sentimenti e avventure in cui lo spettatore si immedesima. L’amore è arma e soluzione contro l’avanzare di un sistema sociale a tratti disumanizzato; il confronto con l’altro sesso diventa fondamentale nella propria crescita e maturazione. Ma l’aspetto più interessante e affascinante della poetica di Miyazaki è la profonda caratterizzazione dei suoi personaggi, mai generici, mai personificazione di stereotipi o pregiudizi. Sono sculture da osservare e apprezzare da angolazioni e punti di vista diversi. Ognuno ha una propria storia, una propria aspirazione e qualche paura che tiene nascosta dentro di sé. Non c’è una esplicita morale perché non esistono realmente il Bene e il Male. Anche se, a prima vista, la distinzione sembra netta: i cattivi spesso dimostrano essere migliori di quel che appaiono, dietro a un fare tirannico nascondono la capacità di provare amore, compassione ed empatia. Spesso ci si ritrova a fare il tifo per loro nell’istante in cui si abbandonano ad azioni che tradiscono la loro origine malvagia. Un esempio è Lady Eboshi, despota crudele della fabbrica di Principessa Mononoke, che accoglie comunque nella sua comunità prostitute e lebbrosi emarginati. I protagonisti principali invece, che dovrebbero essere eroi senza macchia e senza paura, si dimostrano spesso fragili e vulnerabili, a volte menzogneri e ipocriti, come il misterioso e indefinito Howl de Il Castello errante di Howl: impulsivo, intrigante ed indolente, ma, nonostante ciò, molto amato in quanto lotta sempre per ciò che ama. Anche il tema della guerra, uno dei preferiti dallo stesso regista, è una presenza latente e camaleontica. Non si inneggia mai in modo esplicito e qualunquista contro la violenza dei conflitti, ma lascia che i personaggi e, di conseguenza gli spettatori, vengano lentamente investiti da questa sottile percezione inquietante e strisciante, fino ad assimilarla nei propri cuori. È una maschera mortale che illude, lusinga e seduce. Così, il sogno di aviatore Jiro, in Si alza il vento, diventa un incubo al servizio della crudeltà e irrazionalità della Seconda Guerra Mondiale.

 

Film della settimana:

Porco Rosso

Il protagonista di questo suggestivo film dai ritmi riflessivi, quasi poetici, è Marco Pagot, appassionato aviatore divenuto misteriosamente un maiale dopo essere sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale, che lungo le coste dell’Adriatico dà la caccia a molesti e strafottenti piloti stranieri, definiti «pirati dell’aria». Tra le difficoltà di una storia d’amore sospesa e segreta, vecchie amicizie ritrovate e la violenza del Fascismo che incombe nel panorama italiano degli anni ’30, Marco riuscirà sempre a trovare la libertà nella sua topica passione per il volo. Attraverso il suo sguardo antitotalitario e antimilitarista Miyazaki ci mostra una società piena di contraddizioni e fragilità, in un malinconico omaggio che il regista rende alla storia e alla bellezza dell’Italia. Vero elemento di rottura della narrazione è l’inusuale fattezza di Marco, una delle più sgradevoli e spregevoli del comune immaginario collettivo: il maiale. Questa antropomorfizzazione dell’animale (come sarà anche ne La città incantata) crea un alone di ambiguità intorno alla figura del protagonista e lascia spazio alle numerosissime interpretazioni dello spettatore: il maiale come implicito simbolo di una mentalità comunista e Marxista, in opposizione al Fascismo che avanza, è un chiaro riferimento a La fattoria degli animali di George Orwell. Per altri aspetti, il suino è anche somatizzazione di un senso di colpa interiore per essere sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale. Marco è l’unico ad avere sembianza suine, è diverso dagli altri, forse perché la sua moralità e la sua spontaneità lo rendono, in realtà, il più umano degli umani, ridotti ormai a sagome di una società omologante e interessata solamente al futile mito dell’«apparire».

Valentina Cognini

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.